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DiRaffaele Boccia

Ripartizione spese condominio: se si rompe il canale di scarico o la braga

Con una recentissima sentenza la Cassazione civile (sez. II, 03 settembre 2010, n.19045) ha chiarito che, in un condominio, la presunzione di comproprietà, prevista dall’art. 1117 c.c., n. 3, anche per l’impianto di scarico delle acque, opera con riferimento alla parte dell’impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti, e, quindi, che presenta l’attitudine all’uso ed al godimento collettivo, con esclusione delle condutture (ivi compresi i raccordi di collegamento) che, diramandosi da detta colonna condominiale di scarico, servono un appartamento di proprietà esclusiva.

La spesa per la riparazione dei canali di scarico dell’edificio in condominio, dunque, è a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti.

Conseguentemente, la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, è strutturalmente posta nella diramazione, per cui essa non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all’uso (ed al godimento) di tutti i condomini; e, nella specie, la braga, qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi, di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini.

La norma in questione

Art. 1117.
Parti comuni dell’edificio.

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:

1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;

2) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

DiRaffaele Boccia

se il Condominio pretende spese deliberate quando ancora non ero proprietario

nel 2009 ho acquistato due appartamenti in un condominio. All’assemblea tenutasi lo scorso mese di aprile viene deliberata una spesa per corrispondere gli onorari ai legali per un giudizio iniziato dieci anni prima da un condomino, che aveva subito un piccolo danno per la rottura di un tubo condominiale. L’Amministratore mi dice che la relativa spesa era stata approvata nel 1999, ma insiste nel ritenere che debba farmene carico io e non il vecchio proprietario. Sulla base delle tabelle millesimali, si tratterebbe di un importo considerevole. (Michele, email)

Gentile Signore, il suo caso è previsto e disciplinato dall’art.63, comma 2, disposizioni attuative del codice civile, il quale stabilisce che “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, in solido con il precedente condomino, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”.

In base al tenore di questa norma, dunque, Lei è certamente obbligato al pagamento dei contributi per l’anno 2010 (anno in corso) e per l’anno 2009 (anno precedente), non certo per quelli degli anni precedenti.

In relazione all’art.63, comma 2, disp. att. c.c., la Giurisprudenza ha affermato il principio secondo cui l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell’assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, la quale è invece diretta soltanto a rendere liquido un debito che preesiste. (Cass. sez. II civile, sentenza n.15288 del 21 luglio 2005; Cass. sez. II civile, sentenza n.6323 del 18 aprile 2003; Cass. sez. II civile, sentenza n.7844 dell’11 giugno 2001; Cass. sent. n. 9366 del 26 ottobre 1996).

La Giurisprudenza, dunque, identifica il momento d’insorgenza dell’obbligo di contribuzione alle spese condominiali, al fine dell’individuazione del soggetto tenuto all’adempimento, nell’adozione della delibera assembleare che aveva approvato la spesa (nel suo caso, quelle del 1999), e considera la successiva deliberazione di ripartizione delle stesse uno strumento volto a rendere liquido un debito preesistente.

Si consideri, infatti, che la delibera di ripartizione può anche mancare ed è superflua ove, come nel caso in esame, esistano le tabelle millesimali, per cui l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini è il frutto di una semplice operazione matematica.

Le consiglio, dunque, di non pagare e, nel caso in cui l’Amministratore metta in esecuzione la delibera in Suo danno, di rivolgersi ad un legale.