In caso di vendita di un’unità immobiliare sita in edificio condominiale nel quale, antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento, siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione od innovazioni concernenti le parti comuni, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente l’obbligo di sopportare i relativi costi grava, in mancanza di accordo tra le parti, sul venditore, a nulla rilevando che le opere anzidette siano state eseguite, in tutto o in parte, successivamente alla conclusione del contratto di vendita, sicché l’acquirente ha diritto di rivalersi nei confronti del proprio dante causa per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c..
La Suprema Corte precisa che per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.
In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende, non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera delllassemblea.
Ciò si ricava da una pluralità di indici normativi:
dall’art. 1104 cod. civ., dettato in materia di comunione ordinaria tale disposizione – imponendo a ciascun partecipante di contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranzaa – fa discendere, in taluni casi (allorchè la spesa importi innovazioni o sia determinata da esigenze di miglior godimento), l’obbligo di contribuzione da una volontà collegiale;
dall’art. 1121 c.c., comma 2, che consente innovazioni gravose o voluttuarie insuscettibili di utilizzazione separata quando se ne assumano la spesa i condomini che, costituendo maggioranza, hanno voluto o accettato l’innovazione: in tal caso, appunto, dovrà sobbarcarsene la spesa “la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata”, mentre ne sarà esente colui che non ne ha deliberato (e quindi voluto) la realizzazione;
dall’art. 1123 cod. civ., il quale, nel disciplinare la misura del contributo dei condomini, prevede, accanto alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio e per la prestazione dei servizi nell’interesse comune, quelle per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Cassazione civile sez. II, 03 dicembre 2010 n. 24654