Quando il genitore affidatario e il figlio coabitano, il primo, separato o divorziato, pur dopo che il figlio (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua, in assenza di un’autonoma richiesta da parte di quest’ultimo, ad essere legittimato “iure proprio” ad ottenere dall’altro genitore il pagamento dell’assegno per il mantenimento del figlio, sempre che persista il rapporto di coabitazione .
Perchè ricorra il detto requisito della coabitazione, è sufficiente che il figlio maggiorenne – pur in assenza di una quotidiana coabitazione, che può essere impedita dalla necessità di assentarsi con frequenza, anche per non brevi periodi, per motivi, ad esempio, di studio – mantenga tuttavia un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano, e questo collegamento, se da un lato costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa familiare, dall’altro concreta la possibilità per tale genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle esigenze del figlio (in tal senso, recentemente anche Cassazione civile sez. I, 22 marzo 2010, n.6861).
Spetta, dunque, al coniuge non affidatario dar prova che il figlio svolga un’attività lavorativa stabile e tale da garantirgli un sufficiente reddito proprio, non essendo sufficiente dimostrare che esso non viva più stabilmente con l’altro genitore.
D’altra parte, neppure la circostanza che il figlio percepisca una borsa di studio universitaria o altri compensi attribuiti in vista dell’apprendimento di una professione, è equiparabile agli ordinari rapporti di lavoro subordinato, in ragione della loro stessa natura, consistenza e temporaneità. Pertanto, per far venir meno l’obbligo al mantenimento, non è sufficiente il mero godimento di un reddito quale che sia, occorrendo, altresì, la prova della sua adeguatezza ad assicurare al figlio, anche con riferimento alla durata del rapporto in futuro, la completa autosufficienza economica (Cassazione civile sez. I, 14 aprile 2010, n. 8954).
In linea generale, infatti, l’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli non cessa “ipso iure” con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi, ma perdura, immutato, fino a che il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che sia stato posto in condizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per sua colpa.