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DiRaffaele Boccia

La casa familiare va assegnata al genitore affidatario

Ancora confermato il consolidato orientamento secondo cui la casa coniugale resta assegnata al genitore cui vengono affidati i figli.

E’ quanto espresso dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 11 settembre – 4 ottobre 2018, n. 24254.

In materia di separazione o divorzio, l’assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente valorizzati dalla della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 6, comma 6, (come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), è finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, onde, finanche nell’ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti.

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DiRaffaele Boccia

Tribunale di Milano: la sentenza delle Sezioni Unite non ha effetto retroattivo

Il Tribunale di Milano, pur condividendo le conclusioni cui sono giunte le SS.UU. della Cassazione nella famosa sentenza sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo, afferma la sussistenza, nel nostro ordinamento, del principio di affidamento sul diritto vivente, in base al quale una nuova interpretazione della norma che capovolga un precedente consolidato orientamento giurisprudenziale non può pregiudicare la parte che su quel principio aveva fatto affidamento.

Dunque, il Giudice milanese esclude il riferimento all’istituto della rimessione in termini, che porterebbe ad una antieconomica regressione del giudizio alla fase delle costituzioni, salvaguardando la posizione dell’opponente costituitosi secondo i criteri di tempestività vigenti all’epoca dell’atto processuale contestato.

Tribunale di Milano

Sezione VI Civile

Ordinanza 7 ottobre 2010

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SESTA SEZIONE CIVILE

Nella causa civile iscritta al n. r.g. 11035/2010

Il Giudice dott. LAURA COSENTINI,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 5.10.2010,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Premesso che parte attrice, notificato al convenuto atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo in data 8.2.2010 e costituitasi in data 17.2.2010, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 9.9.10 n.19246 e l’ordinanza della Sezione II 17.6.2010 n. 14627, “chiede la rimessione in termini per la proposizione dell’opposizione con assegnazione del termine per l’impugnazione”;

Rilevato che nel presente procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo parte attrice opponente (notificato all’opposto l’8.2.10 atto di citazione a comparire all’udienza del 18.5.2010) risulta quindi avere assegnato a parte convenuta termini liberi a comparire ordinari, ossia non minori di 90 giorni, ai sensi dell’art.163 bis c.1 c.p.c., e risulta essersi costituita il 17.2.2010, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ex art.165 c.p.c., ciò in linea con un pregresso consolidato orientamento giurisprudenziale (già recepito da questo tribunale) secondo il quale l’abbreviazione dei termini di costituzione per l’opponente era da ritenersi conseguente al solo fatto obiettivo della concessione all’opposto di termini di comparizione inferiori a novanta giorni;

Preso atto dell’intervenuta pronuncia della Corte di Cassazione S.U. n.19246/10, la quale, ribadito il legame tra termini di comparizione e termini di costituzione quale sancito dall’art.165 c.1 c.p.c., ha affermato per “esigenze di coerenza sistematica… che non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia stata proposta”, richiamando il disposto di cui all’art.645 c.2 c.p.c. che prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà;

Ritenuto di uniformarci a tale innovativa interpretazione della norma processuale, norma di natura speciale che, sul presupposto delle ragioni di pronta trattazione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, risponde all’esigenza di bilanciamento delle posizioni delle parti, là dove la riduzione dei termini di costituzione dell’attore opponente bilancia la compressione dei termini a disposizione del convenuto opposto che, anticipandosi la costituzione dell’attore, avrà a disposizione in un tempo più breve i documenti dallo stesso allegati, da inserire nel fascicolo all’atto della costituzione;

Ritenuto tuttavia che nel procedimento in esame possa e debba darsi tutela alle aspettative processuali dell’opponente, che ha introdotto il giudizio nella vigenza del pregresso orientamento interpretativo giurisprudenziale, e che, alla luce dell’orientamento medio tempore intervenuto, incorrerebbe in una pronuncia d’improcedibilità dell’opposizione ex art.647 c.2 c.p.c. per tardiva costituzione equiparata a mancata costituzione;

Ritenuto che sussista nell’ordinamento un valido principio di affidamento sul diritto vivente quale risulta dalla generalizzata interpretazione delle norme regolatrici del processo da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, principio che, alla luce degli artt.24 e 111 Cost., posti a garanzia di un giusto processo come effettivo strumento di azione e di difesa, preclude la possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al momento della pronuncia della Corte di legittimità che ha mutato l’interpretazione della norma, siano regolati dalla nuova interpretazione della legge, quantomeno nei casi in cui l’applicazione della stessa secondo la modificata interpretazione viene a compromettere in radice la tutela della parte;

Rilevato che in tal senso si è anche di recente espressa la Corte di legittimità (Cass. ord. 2.7.10 n.15811) che, in analoga situazione di mutamento in corso di causa di interpretazione consolidata di norme regolatrici del processo, ha ritenuto che ciò non possa avere effetti preclusivi sulla parte, la cui condotta processuale pur erronea trovi spiegazione e giustificazione nell’affidamento creato dalla giurisprudenza pregressa, richiamandosi la Corte al principio costituzionale del giusto processo che impone di garantire l’effettività del contraddittorio e dei mezzi di azione e di difesa nel processo;

Ritenuto che tali principi, se nella fattispecie all’attenzione della Corte inducevano a ravvisare nella rimessione in termini …il mezzo tecnico per ovviare all’errore oggettivamente scusabile (al fine di consentire alla parte di proporre ricorso per cassazione secondo le regole corrette di individuazione del giudice), nel caso di specie non impongono tale rimedio, ove si rilevi che l’opposizione è stata tempestivamente svolta avanti al giudice competente mediante atto di citazione ritualmente notificato e che, se da un lato l’opponente si è costituito nel termine di 10 giorni anziché 5 dalla notifica all’opposto della citazione (come consentito dall’orientamento giurisprudenziale pregresso ove concessi termini a comparire di fatto non abbreviati), dall’altro ciò non sembra avere leso i diritti di difesa dell’opposto (che peraltro nulla ha contestato), cui la citazione era stata notificata più di 90 giorni prima dell’udienza, e che quindi ha avuto a disposizione ben più di 45 giorni liberi per la sua costituzione in udienza (e ben più di 35 giorni liberi per la sua costituzione tempestiva, prescritta ex art.166 c.p.c. almeno dieci giorni prima dell’udienza nel caso di abbreviazione di termini);

Ritenuto quindi di non procedere a una rimessione in termini dell’opponente, che peraltro non potrebbe mai essere accolta con riferimento al termine di notifica della citazione in opposizione (come intenderebbe l’opponente nell’istanza a verbale), e che, ove riferita al termine di costituzione, comporterebbe un ritardo del giudizio non giustificato da esigenze di difesa e di contraddittorio, in antitesi con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo;

Ritenuto che, alla luce delle suestese considerazioni, non debba quindi essere rinnovata la costituzione dell’opponente, effettuata il 17.2.2010 secondo i criteri di tempestività di cui al consolidato orientamento giurisprudenziale all’epoca vigente, e in termini non lesivi dei diritti di difesa delle parti e della posizione bilanciata tra le stesse;

Ritenuto che il processo possa pertanto proseguire oltre e che, quanto al merito, la causa sia matura per la decisione;

fissa udienza di precisazione delle conclusioni ex art.281 sexies c.p.c. per la data del 11.1.2011 ore 12,30.

Si comunichi.

Milano, 7 ottobre 2010.

Il Giudice

dott. LAURA COSENTINI

DiRaffaele Boccia

Detrazioni per carichi di famiglia in caso di separazione

Scrivo per chiederLe come mi dovrò comportare per la detrazione per figli a carico ai fini delle imposte sui redditi quando io e il mio ex coniuge saremo legalmente separati. Grazie. Francesca.

Gentile signora Francesca, la detrazione per figli a carico da far valere in sede di dichiarazione dei redditi (modello 730 o UNICO Persone Fisiche) in caso di genitori separati effettivamente e legalmente è disciplinata dall’articolo 12 del DPR n° 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Il citato articolo prevede una ripartizione variabile a seconda che sia stabilito o meno l’affidamento congiunto dei figli.

In caso di affidamento ad uno solo dei genitori, la detrazione spetta interamente al genitore affidatario, a meno che un diverso accordo ripartisca la detrazione nella misura del 50% o la attribuisca interamente al genitore che possiede il reddito più elevato.

In caso di affidamento congiunto o condiviso, la detrazione è ripartita tra i genitori nella misura del 50% salvo un diverso accordo che attribuisca l’intera detrazione al genitore che ha il reddito più elevato.

Al di fuori delle ipotesi appena illustrate si può verificare il caso in cui l’imposta del genitore che ha diritto alla detrazione sia incapiente (cioè non ci sia imposta da pagare). Questa fattispecie può dar luogo alla devoluzione della detrazione non fruita in favore dell’altro coniuge e quest’ultimo, salvo diverso accordo, è tenuto a riversare al genitore affidatario un importo pari al 50% della detrazione stessa. In tal caso, la rinuncia da parte del genitore con imposta incapiente a fruire della detrazione spettante in favore dell’altro, non opera automaticamente, ma deve essere portata a conoscenza dell’altro genitore e presuppone un’intesa tra i genitori i quali devono rendere reciprocamente note le rispettive condizioni reddituali. Resta inteso che questo accordo non è obbligatorio.