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DiRaffaele Boccia

Chi sono i legittimari

La sorella di mio nonno è tornata a vivere in Italia dal Venezuela dopo aver perso il marito e l’unica figlia. E’ molto anziana e non intende fare testamento. Volevo sapere quale è la quota di legittima che spetterebbe a mio nonno, unico fratello sopravvissuto.  Maria Pia

Gentile signora, suo nonno non ha diritto ad alcuna quota, in quanto la legge non riconosce ai collaterali (quali sono fratelli e sorelle) la qualità di legittimario.

A mente dell’art.536 c.c. i legittimari, cioè le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione, sono il coniuge, i figli legittimi, quelli naturali, gli ascendenti legittimi. Ai discendenti dei figli legittimi o naturali, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali.

Dunque, nel caso prospettato, non esistono legittimari e sua zia, che immagino non abbia genitori in vita, potrebbe disporre delle sue sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere liberamente, senza vincoli e senza temere di intaccare i diritti (la quota) di suo nonno.

Se, invece, come mi accenna nella sua lettera, la zia non intende fare testamento, in tal caso soccorreranno le regole previste per la successione legittima, e quindi suo nonno, che a quanto pare è l’unico collaterale ancora in vita, ne sarà unico erede.

DiRaffaele Boccia

Divisione ereditaria: la sorte dell’immobile comune (art.720 c.c.)

In tema di divisione giudiziale di compendio immobiliare ereditario, la regola generale (art. 718 c.c.) riconosce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti.

Tale regola trova deroga, ai sensi dell’art. 720 c.c., nel caso di “indivisibilità” dell’immobile ovvero di “non comoda divisibilità” dello stesso.

La Giurisprudenza ha chiarito che il concetto di comoda divisibilità di un immobile presupposto dall’art. 720 c.c. postula, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cassazione civile  sez. II  29 maggio 2007, n.12498).

La non comoda divisibilità di un immobile, integrando un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi legittimamente predicabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dalla irrealizzabilità del frazionamento dell’ immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dalla impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi.

L’ immobile non comodamente divisibile – salvo ragioni di opportunità, ravvisabili nell’interesse comune dei condividenti – va attribuito al condividente titolare della quota maggiore, la cui richiesta sarà preferita ai condividenti che ne abbiano fatto domanda congiunta, pur se le quote di questi ultimi, sommate tra loro, superino la quota maggiore del condividente antagonista e tanto in applicazione del principio del favor divisionis di cui all’art. 720 c.c..

Il Giudice può derogare al criterio indicato nell’art. 720 c.c., purché assolva all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata. Tale scelta, risolvendosi in un tipico apprezzamento di fatto, è sottratta come tale al sindacato di legittimità. Un caso potrebbe essere quello dell’assegnazione dell’immobile ad un coerede che, pur titolare di una quota minore, abiti nell’ immobile da svariati anni e che non ne possegga altri, in concorrenza con altri coeredi che vivano altrove ed abbiano altri immobili di esclusiva proprietà nel medesimo paese.

L’art. 720 c.c. configura la vendita all’incanto come rimedio residuale cui ricorrere quando nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell’intero.