Archivio per Categoria Risarcimento danni

DiRaffaele Boccia

Se l’animale selvatico danneggia l’auto, la colpa è della Regione

In caso di danni provocati all’autovettura da un grosso cinghiale, che aveva repentinamente attraversato la strada provinciale, la Suprema Corte ha osservato che, anche alla luce della legge 11 febbraio 1992, n. 157, contenente norme per la protezione della fauna selvatica, “alle Regioni compete l’obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose e, pertanto, nell’ipotesi di danno provocato dalla fauna selvatica ed il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, la Regione può essere chiamata a rispondere in forza della disposizione generale contenuta nell’art. 2043 cod. civ. (Cass. 1 agosto 1991, n. 8470; 13 dicembre 1999, n. 13956; 14 febbraio 2000, n. 1638; 24 settembre 2002 n. 13907).

Cass. civ.  Sezione terza, sentenza 12 ottobre – 16 novembre 2010, n. 23095

DiRaffaele Boccia

Risarcimento dovuto se il volo è cancellato o ritarda almeno tre ore

In tema di trasporto aereo, è piuttosto frequente il verificarsi di cancellazioni o ritardi nei voli.

Il Regolamento (CE) n. 261/2004 ha istituito regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, abrogando il regolamento(CEE) n. 295/91.

Vediamo cosa prevede il regolamento per questi casi, con particolare riferimento alla distinzione tra cancellazione e ritardo del volo, atteso che da essa dipende il riconoscimento o meno del diritto del passeggero al risarcimento dei danni (definita dal regolamento “compensazione pecuniaria”).

Ai sensi del regolamento, si intende per “cancellazione del volo” la mancata effettuazione di un volo originariamente previsto e sul quale sia stato prenotato almeno un posto.

In caso di cancellazione del volo, il vettore, oltre a fornire pasti e bevande al passeggero coinvolto, assicurargli la sistemazione in albergo con il trasferimento e il diritto ad effettuare due telefonate (ovviamente tutto a titolo gratuito), deve offrirgli la scelta tra il rimborso, entro sette giorni, del prezzo pieno del biglietto, tra un volo di ritorno al punto di partenza iniziale, tra un volo verso la destinazione finale non appena possibile o in una data di gradimento del passeggero.

Inoltre, il vettore deve riconoscere al passeggero la compensazione pecuniaria prevista dall’articolo 7, a meno che esso sia stato informato della cancellazione almeno due settimane prima dell’orario di partenza previsto, ovvero, in caso di avvertimento in data più vicina alla partenza, gli sia stata offerto un volo alternativo.

La compensazione pecuniaria è pari a:
a) 250 EUR per tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1 500 chilometri;

b) 400 EUR per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 chilometri e per tutte le altre tratte comprese tra 1 500 e 3 500 chilometri;

c) 600 EUR per le tratte aeree che non rientrano nei precedenti casi.

Nel determinare la distanza si utilizza come base di calcolo l’ultima destinazione per la quale il passeggero subisce un ritardo all’arrivo rispetto all’orario previsto a causa del negato imbarco o della cancellazione del volo.

Il vettore aereo non è tenuto a pagare la compensazione pecuniaria, se può dimostrare che la cancellazione del volo è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso.

L’ipotesi del ritardo, invece, è disciplinata dall’art. 6 del regolamento n. 261/2004 e ricorre quando si può ragionevolmente prevedere che il volo sarà ritardato, rispetto all’orario di partenza previsto:

a) di due o più ore per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1.500 km; o

b) di tre o più ore per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1.500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1 500 e 3.500 km; o

c) di quattro o più ore per tutte le altre tratte aeree che non rientrano nei casi precedenti.

In tali casi, il vettore aereo dovrà fornire le assistenze ed i servizi gratuiti (pasti e bevande, sistemazione e trasferimento in albergo, telefonate, rimborso del prezzo pieno) a seconda della prevedibile durata del ritardo.

Dunque, in caso di ritardo il regolamento non prevede il pagamento della cd. compensazione pecuniaria.

Ma, in relazione a fattispecie piuttosto ricorrenti nella pratica, si è posto un dubbio interpretativo: se un prolungato ritardo del volo debba essere considerato alla stregua di una cancellazione del volo.

La questione, come visto, non è di poco conto in quanto il regolamento n.261/2004 prevede espressamente il diritto alla compensazione solo in caso di cancellazione del volo.

Secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia Europea, un volo è «ritardato», nell’accezione di cui all’art. 6 del regolamento n. 261/2004, se viene effettuato in conformità alla programmazione originariamente prevista e se l’orario di partenza effettivo viene ritardato rispetto all’orario di partenza previsto. In altre parole, il Giudice comunitario considera rilevante ai fini della determinazione del ritardo unicamente un differimento dell’orario di partenza previsto, dovendo gli altri elementi rimanere immutati.

Di conseguenza, da una prima analisi, emerge che un volo ritardato, a prescindere dalla durata del ritardo, e quand’anche essa sia stata significativa, non può essere considerato cancellato quando comporta una partenza in conformità alla programmazione originariamente prevista.

Ciò considerato, quando i passeggeri si trovano su un volo il cui orario di partenza è ritardato rispetto all’orario di partenza inizialmente previsto, il volo può essere qualificato come «cancellato» solo se il vettore aereo provvede al trasporto dei passeggeri su un altro volo la cui programmazione originaria differisce da quella del volo originariamente previsto.

Quindi, in linea di principio, si può parlare di una cancellazione quando il volo inizialmente previsto e ritardato si riversa in un altro volo, ossia quando la programmazione del volo originario è abbandonata e i passeggeri di quest’ultimo si uniscono a quelli di un volo a sua volta programmato, indipendentemente dal volo per il quale i passeggeri in tal modo trasferiti avevano effettuato la loro prenotazione.

Dunque, in linea di principio, non si può giungere alla conclusione che si è verificato un ritardo o una cancellazione di un volo in base all’indicazione d’un «ritardo» o d’una «cancellazione» apparsa sul tabellone elettronico dell’aeroporto o comunicata dal personale del vettore aereo. Allo stesso modo, in linea di principio, la circostanza che i passeggeri ritirino i bagagli o ottengano nuove carte d’imbarco non rappresenta un elemento decisivo. Tali circostanze, infatti, non sono collegate alle caratteristiche oggettive del volo in quanto tale. Esse possono essere imputabili ad errori di qualificazione o a fattori verificatisi nell’aeroporto coinvolto o, ancora, possono risultare necessarie in considerazione della durata dell’attesa e dell’esigenza, per i passeggeri coinvolti, di passare una notte in albergo.

Alla luce di quanto precede occorre concludere che un volo ritardato, a prescindere dalla durata del ritardo e quand’anche essa sia stata significativa, non può essere considerato cancellato quando è realizzato in conformità alla programmazione originariamente prevista dal vettore aereo.

Nonostante queste deduzioni sembrerebbero condurre ad una facile conclusione in ordine alla esclusione della compensazione pecuniaria in favore dei passeggeri di voli “ritardati”, la Corte di Giustizia Europea (Quarta sezione, sentenza 19 novembre 2009 nei procedimenti riuniti C‑402/07 e C‑432/07), richiamandosi ai principi di parità di trattamento in situazioni analoghe e di accrescimento della tutela dei passeggeri del traffico aereo, finisce col conferire uguale dignità, sotto il profilo risarcitorio, al disagio subito dai passeggeri “ritardati” e quello dei passeggeri “cancellati”.

Il regolamento n. 261/2004, afferma infatti la Corte, mira a risarcire i danni in modo standardizzato ed immediato ed attraverso diverse forme di intervento oggetto di regimi relativi al negato imbarco, alla cancellazione e al ritardo prolungato di un volo.

Mediante tali interventi il regolamento intende rimediare, tra l’altro, al danno cagionato ai passeggeri interessati e rappresentato da una perdita di tempo che, considerato il suo carattere irreversibile, può essere risarcita unicamente con una compensazione pecuniaria.

Orbene, afferma la Corte, “è innegabile che tale danno viene patito sia dai passeggeri di voli cancellati sia dai passeggeri di voli ritardati qualora, prima di giungere a destinazione, subiscano un viaggio di durata maggiore rispetto a quanto originariamente stabilito dal vettore aereo, e che essi si trovano pertanto in situazioni paragonabili ai fini dell’applicazione del diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art. 7 del regolamento n. 261/2004“.

Più precisamente, la situazione dei passeggeri di voli ritardati non si distingue affatto da quella dei passeggeri di voli cancellati a cui sia stato offerto di partire con un volo alternativo e che possono essere informati della cancellazione del volo, in extremis, nel momento stesso in cui giungono all’aeroporto. Infatti, da un lato, tali due categorie di passeggeri sono informate, in linea di massima, nello stesso momento dell’inconveniente che rende più difficoltoso il loro trasporto aereo. Dall’altro, sebbene vengano condotte alla loro destinazione finale, la raggiungono successivamente all’ora inizialmente prevista e, pertanto, subiscono un’analoga perdita di tempo.

In tale situazione, i passeggeri cui è offerto un volo alternativo hanno diritto alla compensazione pecuniaria quando il vettore non offre loro un volo alternativo che parte non più di un’ora prima dell’orario di partenza previsto e raggiunge la destinazione finale meno di due ore dopo l’orario d’arrivo previsto. A tali passeggeri viene così conferito il diritto alla compensazione pecuniaria quando subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore rispetto alla durata che era stata originariamente prevista dal vettore.

Per contro, qualora ai passeggeri di voli ritardati non fosse conferito il diritto alla compensazione pecuniaria, essi sarebbero trattati in modo meno favorevole sebbene abbiano subito, all’occorrenza, un’analoga perdita di tempo, di tre ore o più, in occasione del loro viaggio.

Da queste premesse, poiché i danni subiti dai passeggeri del traffico aereo in caso di cancellazione o di ritardo prolungato sono analoghi, non è ammissibile, a pena di violare il principio della parità di trattamento, trattarli in modo differente.

Pertanto, conclude la Corte, i passeggeri di voli ritardati possono reclamare il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art.7 del regolamento quando, a causa di tali voli, subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore, ossia quando giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo.

DiRaffaele Boccia

Danni da cantiere stradale: chi risponde?

Secondo il più recente orientamento della Cassazione, nel caso di danni determinati dall’esistenza di un cantiere stradale, occorre distinguere:

a) se l’area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all’esclusiva custodia dell’appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all’interno di questa area risponde esclusivamente l’appaltatore, che ne è l’unico custode;

b) se, invece, l’area su cui vengono eseguiti i lavori e quindi insiste il cantiere, risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. (in concreto non escludibile a carico dell’ente per le dimensioni necessariamente ridotte dell’area adibita a cantiere) sussiste sia a carico dell’appaltatore che dell’ente, salva l’eventuale azione di regresso di quest’ultimo nei confronti del primo a norma dei comuni principi sulla responsabilità solidale di cui al comma 2 dell’art. 2055 c.c., sulla base anche degli obblighi di segnalazione e manutenzione imposti dalla legge per opere e depositi stradali (art. 21 d. lgs. n. 285 del 1992), nonché di quelli eventualmente discendenti dalla convenzione di appalto (Cass. 16 maggio 2008 n. 12425; Cass. 6 luglio 2006 n. 15383).

Cassazione civile sez. III, 22 febbraio 2008 n. 4591

DiRaffaele Boccia

Del furto consumato salendo sui ponteggi dei lavori di rifacimento dell’immobile condominiale

Con riguardo al danno derivante per il furto consumato da persone introdottesi in un appartamento avvalendosi dei ponteggi installati per i lavori di riattazione dello stabile condominiale, deve essere affermata la responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’imprenditore che per tali lavori si avvale dei ponteggi ove, trascurando le più elementari norme di diligenza e di perizia e così la doverosa adozione di cautele idonee ad impedire l’uso anomalo delle dette impalcature e violando il principio, pertanto, del “neminem laedere”, abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri ponendo in essere le condizioni per il verificarsi del danno.

Può sussistere la concorrente responsabilità del condominio/committente ex art. 2051 c.c., se non ha vigilato sull’osservanza delle minime precauzioni anti-furto da parte dell’appaltatore (culpa in vigilando), ovvero allorché risulti che abbia scelto un’impresa appaltatrice manifestamente inadeguata per l’esecuzione dell’opera (culpa in eligendo) (Cassazione civile  sez. III, 17 marzo 2009 n. 6435).

In merito alla responsabilità del committente, si segnala che questa pronuncia prende le mosse dalla sentenza (Cassazione civile  sez. III, 22 febbraio 2008 n. 4591) con cui, in tema di appalto di opere pubbliche, il giudice di legittimità ha affermato la responsabilità del committente per il semplice fatto che la pubblica amministrazione conserverebbe rilevanti poteri di ingerenza e controllo sull’opera dell’appaltatore.

Con l’arresto da ultimo segnalato, la S.C., senza sconfessare il precedente orientamento, opera un’apertura nell’ambito delle ipotesi di responsabilità del committente. Invero, prima si escludeva la responsabilità di questi ex art. 2051 c.c., in quanto si assumeva che con la consegna della res all’appaltatore venisse meno il potere di fatto sulla cosa, e con esso la responsabilità del custode. A tale regola si faceva eccezione quando fosse configurabile una responsabilità del committente per culpa in eligendo (e quindi ex art. 2043 c.c., non ex art. 2051 c.c.), come, ad esempio quando l’opera fosse stata affidata ad un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, e abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive (Cass. 26 giugno 2000 n. 8686; Cass. 24 febbraio 1996 n. 1456).

 

DiRaffaele Boccia

La maestra dell’asilo è responsabile per i danni subiti dal piccolo lasciato da solo in bagno

Sussiste responsabilità per “culpa in vigilando” nei confronti di una maestra di scuola materna per i danni subiti da un bambino lasciato incustodito mentre si trova in bagno.

La particolare fascia d’età di questi bambini (da 3 a 6 anni) li rende inconsapevoli di valutare eventuali “pericoli” e ciò, quindi, rende ancora più stringente l’obbligo di vigilanza da parte delle maestre che, per non lasciarli incustoditi, possono anche avvalersi di personale scolastico non docente. Il ministero dell’Istruzione, in qualità di responsabile della condotta negligente dell’insegnante, è tenuto, pertanto, al risarcimento dei danni subiti dal minore.

Cassazione civile sez. III,  26 Aprile 2010, n. 9906