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DiRaffaele Boccia

Avvocati: nuova astensione dalle udienze 14 e 15 aprile

L’Assemblea dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana riunitasi in data 25 marzo 2011 in Roma presso la Cassa Forense in Via Ennio Quirino Visconti,8

Rilevato

Che il 20 marzo 2011 è entrata in vigore la restante parte del decreto legislativo n.28/2010 che, stabilendo la obbligatorietà della mediaconciliazione, danneggia i cittadini e limita l’accesso alla giustizia;

Che, come più volte denunciato dall’Avvocatura, il decreto legislativo 28/2010 favorisce i poteri forti e calpesta i diritti dei deboli e dei cittadini comuni;

Che la obbligatorietà della mediaconciliazione è viziata per eccesso di potere e per violazione degli artt. 3,24,76,77 e 97 della Costituzione;

Che l’obbligatorietà della media conciliazione, oltre che limitare l’accesso alla  Giustizia:

comporta per il cittadino notevoli costi non giustificati;

non prevede l’assistenza necessaria dell’avvocato;

consente al conciliatore di formulare una proposta senza il consenso delle parti, che può  avere effetti pregiudizievoli per la parte vittoriosa in giudizio anche con il pagamento di una sostanziosa penale;

non prevede criteri legali per  la individuazione della competenza territoriale (con possibilità di  invitare il cittadino a  conciliare anche a 1000 km di distanza);

Che è in atto un processo di privatizzazione selvaggia della giustizia civile  che favorisce, tra l’altro, speculazioni e conflitti d’interesse, con caduta di etica  e carenza di  rigore ;

Che tale distorsione dei fini di giustizia emerge chiaramente dall’esistenza di 415 sedi di  società di capitali, abilitate a svolgere un ruolo nella conciliazione, che non possono assicurare i requisiti di trasparenza, indipendenza e terzietà previsti inderogabilmente dalla legge delega e dal decreto legislativo n. 28/2010;

Che unitamente alla privatizzazione della giustizia civile è in atto un progetto di vera  e propria rottamazione dell’arretrato delle controversie civili, programmata con la presentazione di un disegno di legge che:

affida a circa “600 ausiliari” la trattazione delle cause;

fissa la perenzione dei giudizi in appello e in cassazione con termini perentori per confermare la volontà del cliente di proseguire la fase giudiziale;

stabilisce la possibilità dell’emanazione di una sentenza con motivazione breve e parziale e con un termine perentorio assegnato alle parti per chiederne la integrale motivazione previo pagamento di un ulteriore contributo;

Che tale disegno di legge viola i diritti dei cittadini a ricevere giustizia e il connesso diritto di difesa,e costituisce un maldestro tentativo per risolvere il problema dello smaltimento dell’arretrato;

Che l’Avvocatura è preoccupata per la ricaduta sul processo penale delle prospettate riforme della giustizia.

Conferma

lo stato di agitazione dell’ Avvocatura

Proclama

l’astensione dalle udienze civili, penali, amministrative, contabili e tributarie e da ogni attività giudiziaria per i giorni 14 e 15 aprile 2011, nel rispetto della normativa di legge in materia  di  “autoregolamentazione”

Indice

una pubblica manifestazione di denuncia e di protesta per giovedì 14 aprile 2011 a Roma alle ore 10.00, presso il Teatro Adriano, P.zza Cavour,22

Invita

gli avvocati ed i cittadini a prendere parte a detta manifestazione

Invita

i Consigli degli Ordini e le Associazioni Forensi ad organizzare, insieme ai Delegati dell’OUA, nel giorno venerdì 15 aprile assemblee aperte ai cittadini e alla società civile per spiegarne le motivazioni

Dispone

trasmettersi la presente delibera al Consiglio Nazionale Forense, a tutti i Presidenti degli Ordini territoriali, alle Unioni Distrettuali degli Ordini, alle Associazioni Forensi nonchè al Presidente della Repubblica, al Ministro della Giustizia, ai Presidenti delle Camere, ai Presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato e ai  Responsabili giustizia dei partiti.

Roma 25 marzo 2011

DiRaffaele Boccia

lo sfratto

Che cos’è

E’ la procedura con cui il proprietario di un immobile può rientrare nel possesso dello stesso alla scadenza del contratto ovvero in caso di morosità del conduttore

Il procedimento

In caso di scadenza del contratto, che deve essere ovviamente preceduta dall’invio della disdetta entro il termine previsto nel contratto (normalmente, sei mesi prima in caso di locazione ad uso abitativo e 12 ad uso diverso), il locatore può intimare al conduttore la licenza per finita locazione (prima della scadenza) ovvero lo sfratto (dopo la scadenza), notificandogli una citazione a comparire innanzi al Tribunale ove verrà, eventualmente, convalidato lo sfratto.

Analogamente, in caso di morosità del conduttore.

Si ricorda che per essere considerati morosi è sufficiente il mancato pagamento di una sola rata del canone e che tale situazione si protragga per oltre 20 giorni dal termine convenuto nel contratto, ovvero il mancato pagamento di oneri accessori superiori a due mensilità di canone. In tali ipotesi, il locatore ha facoltà di richiedere, contestualmente alla convalida dello sfratto, l’ingiunzione al pagamento dei canoni scaduti.

Tra il giorno in cui perviene l’atto e l’udienza devono esserci almeno venti giorni liberi.

All’udienza, se il conduttore intimato non comparisce o, comparendo, non si oppone, il giudice convaliderà la licenza o lo sfratto, disponendo l’apposizione della formula esecutiva (necessaria affinché l’Ufficiale Giudiziario possa procedere ad eseguire lo sfratto).

Se l’intimato non compare, la formula esecutiva ha effetto solo dopo trenta giorni dalla sua apposizione.

In caso di sfratto per morosità, la convalida è subordinata all’attestazione in udienza da parte dell’avvocato del locatore che la morosità persiste.

Nella sola locazione ad uso abitativo, il conduttore moroso, presentatosi personalmente (non è necessario in questa fase essere difesi da un legale), può pagare direttamente in udienza (“banco iudicis”) ovvero richiedere un termine per sanare la morosità (“purgare la mora”). Il Giudice può discrezionalmente concedere un termine non superiore a 90 giorni, fissando nuova udienza ove verificherà l’avvenuto pagamento dei canoni scaduti e degli oneri accessori maturati, nonchè degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede, ovvero, in mancanza, convaliderà lo sfratto.

La possibilità di sanare la morosità in giudizio è limitata a tre-quattro volte, in casi eccezionali, nell’arco di un quadriennio.

Opposizione del conduttore

All’udienza fissata l’intimato ha facoltà di proporre eccezioni (inerenti, ad esempio, l’invalidità o inesistenza della disdetta, o ancora l’avvenuto pagamento dei canoni).

Se le eccezioni non sono fondate su prova scritta, il giudice può comunque ordinare il rilascio. Se l‘intimato contesta l’ammontare dei canoni, il giudice può ordinare il pagamento delle somme non contestate in un termine non superiore a venti giorni. Se il conduttore non ottempera, il giudice convalida lo sfratto e, se del caso, emette decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.

La causa, in ogni caso, proseguirà.

DiRaffaele Boccia

il decreto ingiuntivo

Che cos’è

E’ un provvedimento emesso all’esito di una fase sommaria. Esso ha il vantaggio di poter essere ottenuto in tempi decisamente più rapidi rispetto a quelli di un giudizio ordinario.

Chi lo può chiedere

Chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, può chiedere al giudice competente (Giudice di pace o Tribunale, a seconda che il valore della vertenza sia inferiore o superiore a cinquemila euro) di emettere un’ingiunzione di pagamento o di consegna (il cd. decreto ingiuntivo) nei confronti del debitore.

Il proprio diritto deve risultare da prova scritta.

Quali prove scritte sono sufficienti all’emissione del decreto ingiuntivo?

Le polizze e promesse unilaterali risultanti da scrittura privata e i telegrammi.

Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori sono prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili.

Molti uffici (soprattutto i Giudici di Pace) ritengono sufficienti le sole fatture purchè da esse o dal documento di trasporto emerga l’avvenuta consegna della merce al destinatario-debitore

Sono, altresì, prove scritte gli assegni bancari o circolari, le cambiali, i certificati di liquidazione di borsa o altro atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato.

Il procedimento ed i tempi

Presentata la richiesta al giudice competente, questi emetterà il decreto con cui viene ingiunto al debitore di pagare o consegnare il bene entro quaranta giorni.

Il termine per l’emissione del decreto è di trenta giorni dal deposito, ma i giudici impiegano normalmente di più.

Una volta ottenuto il decreto ingiuntivo, esso andrà notificato al debitore entro sessanta giorni dalla sua emissione, pena la sua perdita di efficacia.

A questo punto il debitore avrà due possibilità:

1) pagare entro il termine previsto le somme dovute oltre le competenze legali liquidate nel decreto;

2) proporre opposizione dinanzi allo stesso giudice emittente entro lo stesso termine.

La provvisoria esecuzione

Normalmente, il creditore, pur se munito di decreto ingiuntivo, non potrà ancora aggredire esecutivamente il debitore, dovendo attendere l’inutile decorso dei quaranta giorni.

Se ciò accade senza che l’ingiunto abbia pagato, dovrà richiedere al giudice l’apposizione della formula esecutiva sul decreto non opposto. Solo successivamente, potrà intentare tutte le azioni esecutive possibili (pignoramento mobiliare, immobiliare, presso terzi, pignoramento del quinto dello stipendio) ovvero iscrivere ipoteca sui beni del debitore.

Vi è un caso in cui si potrà agire immediatamente. E’ l’ipotesi del credito fondato su assegni bancari o circolari, le cambiali, i certificati di liquidazione di borsa o altro atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato. In tal caso, essendo la prova dell’esistenza del credito particolarmente forte, su richiesta del debitore il giudice concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. Il che significa che, una volta notificato lo stesso insieme al precetto, non si dovranno attendere i famosi quaranta giorni ma, decorsi i dieci giorni indicati nel precetto, si potrà agire esecutivamente per il recupero del credito.

La fase di opposizione

Se il debitore, entro quaranta giorni dalla notifica del decreto propone opposizione (è necessario munirsi di un legale), si aprirà un normale giudizio volto a verificare la fondatezza del credito.

Spesso le opposizioni vengono proposte dai debitori a soli fini dilatori. Per questo motivo il codice di procedura civile (art.648) prevede che alla prima udienza il giudice, laddove verifichi che l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere (o confermare, se il decreto ne è già dotato) la provvisoria esecuzione del provvedimento opposto. Il che significa che, nonostante il giudizio di opposizione prosegua (con i noti tempi della giustizia), il creditore potrà ugualmente mettere in esecuzione il proprio credito.

La fase di opposizione si concluderà con una sentenza che confermerà o revocherà il decreto ingiuntivo.

 

DiRaffaele Boccia

Sanzioni amministrative: notifiche via fax o email a chi ricorre al Giudice lontano dal suo domicilio

Di rilevante portata pratica è la recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 22.12.2010 n° 365) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, quarto e quinto comma, della Legge 24 novembre 1981, n. 689 nella parte in cui non prevede, a richiesta dell’opponente, che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria.

In caso di opposizione a sanzione amministrativa (ad es. ordinanza-ingiunzione prefettizia), il citato art.22 onerava l’opponente ad indicare in ricorso, nel caso in cui non fosse munito di procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.

In mancanza di questa, le comunicazioni e gli avvisi, ad esempio riguardanti la fissazione della prima udienza di comparizione, ovvero eventuali rinvii d’ufficio, andavano notificati in cancelleria.

Questa disciplina provocava non poche difficoltà per il ricorrente, soprattutto, come spesso accade, in caso di impugnazioni proposte innanzi ad uffici giudiziari molto lontani dal proprio luogo di residenza, con evidente limitazione del diritto di difesa e di grossi disagi nel reperire notizie in merito al procedimento di opposizione. In sostanza, quasi obbligava il ricorrente a munirsi di una difesa tecnica onde assicurarsi la puntuale conoscenza delle fasi del giudizio (con evidente aggravio di spese).

La Corte Costituzionale è stata investita della questione dal Giudice di pace di Milano che ha ravvisato l’illegittimità costituzionale del quarto e del quinto comma dell’art. 22 della Legge n. 689/1981 in relazione agli artt. 3, 24, 113 Cost..

In particolare, veniva evidenziato che l’ordinamento giuridico prevede ormai forme di notificazione più comode e consone al mutato livello tecnologico.

Il richiamo è, in particolare, all’art.149 bis c.p.c., che prevede che, nel caso in cui non sia vietato dalla legge, “la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo” (primo comma), e all’art. 204-bis del Nuovo codice della strada, relativo al ricorso al giudice di pace avverso sanzioni amministrative e pecuniarie comminate per illeciti previsti dal codice della strada, il cui nuovo comma 3 così dispone: “il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all’indirizzo elettronico…“.

A detta della Consulta, il recente sviluppo tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme di comunicazione, insieme all’evoluzione del quadro legislativo, hanno reso irragionevole l’effetto discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che contempla il deposito presso la cancelleria quale unico modo per effettuare notificazioni all’opponente che non abbia dichiarato residenza o eletto domicilio nel comune sede del giudice adito né abbia indicato un suo procuratore.

Pertanto, in seguito alla citata pronuncia, anche nei procedimenti disciplinati dalla Legge 689/81 il ricorrente può chiedere di ricevere le comunicazioni nella forma indicata in ricorso (fax o e-mail).

A tal proposito, si segnala l’utilissimo servizio messo a disposizione dal Ministero della Giustizia relativamente alle procedure innanzi agli Uffici del Giudice di Pace (che trovi qui – non tutti gli Uffici sono ancora informatizzati), attraverso il quale può procedersi alla registrazione della propria opposizione (da inviare comunque entro i termini di legge) e, fornendo il proprio indirizzo di posta elettronica, essere informati di tutti gli eventi riguardanti il procedimento (designazione del giudice, fissazione di udienza, emissione sentenza, ecc.).

DiRaffaele Boccia

Il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento

Il Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento che sveltisce le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati nel campo civile e commerciale.

Il regolamento, in vigore dal 2008, garantisce la libera circolazione delle ingiunzioni di pagamento europee all’interno di tutti gli Stati membri definendo norme minime la cui osservanza rende inutile qualsiasi procedura intermedia nello Stato membro di esecuzione in via preliminare al riconoscimento e all’esecuzione stessa.

Campo di applicazione

La procedura europea di ingiunzione di pagamento si applica in materia civile e commerciale nelle controversie transfrontaliere, a prescindere dalla natura della giurisdizione.

Per “controversia transfrontaliera” si intende una controversia nella quale almeno una delle parti abbia il proprio domicilio o risieda abitualmente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro della giurisdizione adita. Il regolamento si applica a tutti gli Stati membri esclusa la Danimarca.

L’applicazione della presente procedura non è prevista per le materie fiscali, doganali o amministrative né per la responsabilità di uno Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (“acta jure imperii“).

Sono esclusi altresì:

i regimi matrimoniali;
i fallimenti, concordati e altre procedure analoghe;
la previdenza sociale;
crediti derivanti da obbligazioni non contrattuali, tranne ove abbiano formato oggetto di un accordo fra le parti o vi sia stato riconoscimento del debito, o ancora se i crediti riguardano debiti liquidi risultanti da coproprietà di un bene.

Procedimento

Il regolamento una domanda di ingiunzione di pagamento europea, nella quale devono figurare gli elementi seguenti:

il nome e l’indirizzo delle parti o dei loro rappresentanti;
il nome e l’indirizzo del giudice cui è presentata la domanda;
l’importo del credito (capitale e interessi, penalità contrattuali e altre spese eventuali);
il fondamento dell’azione e una descrizione delle circostanze invocate come base del credito, nonché le prove a sostegno della domanda;
il carattere transfrontaliero della controversia.
La domanda firmata può essere introdotta su supporto cartaceo o mediante qualsiasi altro mezzo di comunicazione, anche elettronico, accettato dallo Stato membro nel quale l’ingiunzione di pagamento europea è emessa (“Stato membro di origine”) e che il giudice che emette un’ingiunzione di pagamento europea (“giudice di origine”) sia in grado di utilizzare.

I crediti pecuniari in causa devono essere liquidi ed esigibili alla data in cui la domanda di ingiunzione di pagamento europea viene introdotta.

La competenza delle giurisdizioni è disciplinata dalle norme comunitarie in materia, in particolare dal regolamento (CE) n. 44/2001. Se il credito è connesso con un contratto concluso da un consumatore per un uso ritenuto estraneo alla sua attività professionale e ove il convenuto sia il consumatore, sono competenti solo i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato (articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001).

Provvedimento

Il giudice a cui è presentata la domanda di ingiunzione di pagamento europea valuta quanto prima se siano soddisfatte le condizioni di ammissibilità (carattere transfrontaliero della controversia in materia civile e commerciale, competenza del giudice adito, ecc.) e se la domanda sembri fondata.

Il giudice può sottoporre al ricorrente una proposta di modifica della domanda se essa soddisfa solo una parte delle condizioni previste.

Entro un dato termine, il ricorrente è invitato ad accettare o a rifiutare la proposta di ingiunzione di pagamento europea relativa a un ammontare fissato dal giudice. Il ricorrente viene reso edotto delle conseguenze della propria decisione e trasmette la sua risposta rinviando il modulo.

Se il ricorrente accoglie la proposta del giudice, questi emette un’ingiunzione di pagamento europea per la parte della domanda che il ricorrente stesso ha accettato. Le conseguenze che ne derivano per la restante parte della domanda iniziale sono disciplinate dalla legislazione nazionale. Ove il ricorrente non rispetti il termine fissato dal giudice o rifiuti la proposta del giudice, questi respinge in toto la domanda di ingiunzione di pagamento europea.

Il giudice respinge la domanda qualora

le condizioni richieste non siano riunite;
la domanda non sia fondata;
il ricorrente non completi o rettifichi la domanda nel termine impartito;
il ricorrente non trasmetta la propria risposta nel termine stabilito o rifiuti la proposta del giudice.
Il giudice informa il ricorrente in merito alle ragioni del rigetto tramite il modulo D (allegato IV). Contro il rigetto della domanda non è possibile formare ricorso. Il rigetto non osta tuttavia a che il ricorrente faccia valere il proprio credito tramite una nuova domanda d’ingiunzione di pagamento europea o attraverso qualsiasi altro procedimento previsto dall’ordinamento di uno Stato membro.

Emissione di un’ingiunzione di pagamento europea entro trenta giorni

Ove le condizioni per introdurre una domanda di ingiunzione di pagamento europea siano rispettate, il giudice emette l’ingiunzione di pagamento europea – in linea di massima – entro trenta giorni dall’introduzione della domanda.

Nell’ingiunzione di pagamento europea, il convenuto viene informato che ha la possibilità di pagare al ricorrente l’ammontare del credito, oppure di opporvisi. In quest’ultimo caso, deve presentare opposizione all’ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice che l’ha emessa (“giudice di origine”).

L’opposizione va proposta entro trenta giorni a decorrere dal momento in cui l’ingiunzione è stata notificata al convenuto.

L’ingiunzione di pagamento europea diverrà esecutiva, tranne ove il convenuto presenti opposizione presso il giudice di origine.

Il regolamento sopprime l’exequatur, ovvero l’ingiunzione di pagamento europea è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza bisogno di una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. Le procedure di esecuzione sono disciplinate dal diritto nazionale dello Stato membro nel quale l’esecuzione dell’ingiunzione di pagamento europea viene richiesta (“Stato membro di esecuzione”).

Notifica dell’ingiunzione di pagamento europea al convenuto

L’ingiunzione di pagamento europea viene notificata al convenuto a norma delle disposizioni del diritto nazionale del paese nel quale la notifica va effettuata. Il regolamento prevede norme minime da rispettare per una serie di notifiche con (articolo 13) o senza (articolo 14) prova di ricevimento da parte del convenuto.

L’opposizione all’ingiunzione di pagamento

La persona cui pervenga un’ingiunzione di pagamento europea può presentare opposizione dinanzi al giudice che ha emesso l’ingiunzione di pagamento (“giudice di origine”). L’opposizione deve essere rinviata entro un termine di trenta giorni a decorrere dalla notifica dell’atto.

Nell’opposizione, il convenuto indica che contesta il credito senza essere tenuto a precisarne le ragioni.

Quando il convenuto si oppone all’ingiunzione di pagamento europea, il procedimento prosegue dinanzi alle giurisdizioni dello Stato membro di origine secondo la procedura civile prevista nell’ordinamento nazionale, a meno che il ricorrente non abbia chiesto in tal caso l’estinzione del procedimento.

Allo scadere del termine di trenta giorni per presentare opposizione, il regolamento autorizza il convenuto a chiedere il riesame dell’ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice che l’ha emessa, qualora

l’ingiunzione di pagamento sia stata notificata senza prova di ricevimento da parte del convenuto (articolo 14) e la notifica non sia avvenuta a tempo per consentirgli di presentare le proprie difese;
il convenuto si sia trovato nell’impossibilità di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali;
l’ingiunzione sia stata emessa a torto.
Quando il giudice respinge la richiesta del convenuto, l’ingiunzione di pagamento europea resta valida. In caso contrario, ove il giudice decida che il riesame è giustificato, l’ingiunzione di pagamento è nulla.

Inoltre, su richiesta del convenuto, l’esecuzione dell’ingiunzione di pagamento europea è rifiutata dal giudice competente nello Stato membro di esecuzione qualora l’ingiunzione sia incompatibile con una decisione o ingiunzione pronunciata in precedenza in qualsiasi altro Stato membro o in un paese terzo. Tale decisione deve riguardare una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti, oltre a essere riconosciuta nello Stato membro di esecuzione.