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DiRaffaele Boccia

Locazione: le addizioni non sempre danno diritto ad un’indennità

Con riguardo alle addizioni effettuate dal conduttore, se il locatore vi ha prestato consenso e queste, non separabili senza nocumento della cosa locata, costituiscano anche un miglioramento della cosa locata, comportando un incremento di valore della cosa stessa, il locatore non può pretenderne la rimozione ed il conduttore ha diritto all’indennità prevista dall’art. 1592 c.c., mentre qualora non vi sia stato il consenso, il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità, a nulla rilevando che il locatore acquisisca le addizioni. Nel caso invece in cui le addizioni comportino deterioramento della cosa locata, il locatore può chiedere il risarcimento del danno in forma specifica mediante l’eliminazione da parte del conduttore delle opere da lui abusivamente eseguite.

Cassazione civile  sez. III, 20 marzo 2006 n. 6094

DiRaffaele Boccia

La villetta a metà con chi non vuole vendere

gentile avvocato,
sono comproprietaria al 50% di una villetta indivisibile. L’altra proprietaria non vuole nè vendere nè comprare l’altra metà. In questa villetta vivo con mio marito da due anni e nessuno dei due possiede altri immobili. L’altra proprietaria, con famiglia, vive in una sua casa di proprietà. Vorrei chiedere la divisione giudiziale, quale probabilità ho di ottenere l’intero immobile? in qualche modo la scelta verrà influenzata dal fatto che i miei genitori possiedano altre proprietà (appartamenti)? grazie della risposta

gentile signora,

la divisione giudiziale, in caso di mancato accordo, è l’unica strada percorribile, ma è sempre rischioso esprimersi in termini percentuali sull’esito di un giudizio.

Posso dirle che, in caso di mancato accordo tra le parti in sede di divisione giudiziale, qualora vi sia una contemporanea richiesta di assegnazione di un immobile indivisibile, la facoltà del giudice di attribuire per intero il cespite all’uno anziché all’altro condividente rientra tra i poteri discrezionali del giudice stesso. E’ evidente che nell’uso di questa sua discrezionalità, il giudice dovrà richiamarsi a criteri ragionevoli e quanto più oggettivi possibile, per cui il fatto che l’immobile è attualmente da lei occupato e che lei non possiede altri beni a differenza dell’altra comproprietaria sono tutti elementi che fanno propendere per una soluzione più favorevole alla sua posizione. A nulla rileva, a mio parere, il fatto che i suoi genitori possiedano altri beni immobili.

DiRaffaele Boccia

Ipoteche illegittime: prime condanne dell’Equitalia

Si comincia ad assistere alle prime condanne dell’Equitalia al pagamento di un indennizzo allorquando essa abbia erroneamente iscritto ipoteca sugli immobili del contribuente (Tribunale Roma, sezione di Ostia, sentenza 09.12.2010).

Tanto, per effetto della modifica al codice di procedura civile apportata dalla legge 18 giugno 2009, n.69, che ha introdotto il terzo comma dell’art.96.

Tale disposizione, intitolata “responsabilità aggravata“, così dispone:

1. Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.

2. Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.

3. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata

Dunque, con l’entrata in vigore della norma (4.7.2009), il quadro previgente è sostanzialmente cambiato.

Infatti, non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un danno, essendo semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro. In sostanza, l’indennizzo (è più corretto qualificarlo così anzichè risarcimento danni), prescindendo da analisi in ordine all’elemento soggettivo (dolo o colpa grave), richiesto per le fattispecie di cui ai commi precedenti, si presenta alla stregua di una sanzione d’ufficio a carico della parte soccombente, irrogata non (necessariamente) su richiesta di parte, e la cui applicabilità non è subordinata alla concomitante sussistenza delle fattispecie dei primi due commi.

Difatti, la lettera della norma è resa ancor più chiara dall’uso della locuzione “in ogni caso”, che lascia intendere che la condanna può essere emessa in tutti i casi in cui, anche al di fuori dei primi due commi, appaia ragionevole.

Il caso tipico è quello dell’ipoteca illegittimamente iscritta dall’Agente della riscossione in base a titolo sospeso (perchè impugnato in altra sede) ovvero quando l’importo del credito non ammette l’iscrizione (come sappiamo, infatti, al di sotto degli ottomila euro non è più possibile escrivere ipoteca).

La quantificazione dell’indennizzo viene rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, tenuto conto delle circostanza del caso concreto.

La condanna, dunque, va correlata, nel quantum, al grado di colpa che il Giudice ravvisa nella condotta dell’Agente, che può dipendere dalla conoscenza (o conoscibilità) che esso aveva della sospensione del titolo (ad esempio, per aver preso parte al giudizio che l’ha dichiarata), dalla condotta processuale della stessa (una cosa sarà ammettere in giudizio l’errore, altra difendersi strenuamente e con argomenti giuridici poco pertinenti o palesemente infondati), e da altri elementi ancora che la fattispecie concreta faccia emergere.

Non si può, poi, trascurare che gli Agenti della riscossione svolgono un ruolo di grande responsabilità, per cui la loro azione deve essere sempre improntata a principi di responsabilità, prudenza ed equilibrio appropriati alla funzione latu sensu pubblica che l’Agente esplica.

Ritengo, tuttavia, che ad analoghe conclusioni possa giungersi anche in caso di errata iscrizione di fermo amministrativo su veicoli, provvedimento questo, per certi versi, ancora più invasivo dell’ipoteca, in quanto costringe taluno a non utilizzare il proprio veicolo, con gravi ripercussioni sulle normali attività personali e lavorative (si pensi, ad esempio, ad un provvedimento di fermo iscritto in danno di tutti i veicoli di una società).

Nel caso richiamato (Tribunale Roma, sezione di Ostia, sentenza 09.12.2010) il Giudice ha condannato l’Equitalia Gerit al pagamento della somma di € 25.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c..

Prima della descritta riforma, il Giudice, rilevata l’illegittimità dell’iscrizione d’ipoteca, si limitava ad ordinarne la cancellazione a cura e spese dell’Agente, senza riconoscere, in genere, alcun tipo di risarcimento danni. Si sosteneva, infatti, che il peso imposto dall’ipoteca non era di per sè un onere che arrecava danno a chi lo subiva, salva la prova contraria (sempre di difficile dimostrazione) che chi l’avesse subita era in procinto o aveva necessità di commercializzare il bene e il vincolo posto dall’Agente gli aveva fatto sfumare una valida occasione di vendere.

DiRaffaele Boccia

Progetto PASS: la Procura si avvicina al cittadino

Il progetto PASS (Punti di Accesso ai Servizi per il cittadino) consente  il rilascio telematico di certificati giudiziari senza necessità di raggiungere la sede del circondario di competenza. Così un carico pendente di Milano può essere chiesto presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Ottaviano, che è abilitato ad erogare il servizio. I certificati che attualmente possono essere rilasciati sono:

Casellario Giudiziale,

Carichi pendenti,

Certificazione delle notizie di Reato (art. 335 c.p.c.)

chiusura inchiesta

Gli uffici abilitati ad erogare il servizio sono le Procure di Ariano Irpino, Avellino, Benevento, Campobasso, Isernia, Larino, Napoli, Nocera Inferiore, Sala Consilina, Salerno, S. Maria Capua Vetere, S.Angelo dei Lombardi, Vallo della Lucania ed i seguenti Giudici di Pace:
     

  • Afragola
  • Agnone
  • Agropoli
  • Airola
  • Amalfi
  • Ariano Irpino
  • Arienzo
  • Aversa
  • Barra
  • Benevento
  • Bojano
  • Buccino
  • Benevento
  • Calabritto
  • Calitri
  • Campobasso
  • Capaccio
  • Capri
  • Capriati al Volturno
  • Capua
  • Carinola
  • Carovilli
     

  • Caserta
  • Casoria
  • Castel San Vincenzo
  • Castellammare di Stabia
  • Cava de´ Tirreni
  • Cerreto Sannita
  • Cervinara
  • Chiusano San Domenico
  • Cicciano
  • Civitacampomarano
  • Eboli
  • Forlì del Sannio
  • Frattamaggiore
  • Frigento
  • Frosolone
  • Gragnano
  • Grottaminarda
  • Guardia Sanframondi
  • Guglionesi
  • Ischia
  • Isernia
  • Lacedonia
     

  • Laviano
  • Maddaloni
  • Marano di Napoli
  • Marcianise
  • Marigliano
  • Mercato San Severino
  • Mirabella Eclano
  • Montecorvino Rovella
  • Montella
  • Montesarchio
  • Montoro Superiore
  • Ottaviano
  • Piedimonte Matese
  • Pignataro Maggiore
  • Pisciotta
  • Polla
  • Pompei
  • Portici
  • Pozzuoli
  • Procida
  • Roccadaspide
  • Salerno


 

DiRaffaele Boccia

Sanzioni amministrative: notifiche via fax o email a chi ricorre al Giudice lontano dal suo domicilio

Di rilevante portata pratica è la recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 22.12.2010 n° 365) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, quarto e quinto comma, della Legge 24 novembre 1981, n. 689 nella parte in cui non prevede, a richiesta dell’opponente, che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria.

In caso di opposizione a sanzione amministrativa (ad es. ordinanza-ingiunzione prefettizia), il citato art.22 onerava l’opponente ad indicare in ricorso, nel caso in cui non fosse munito di procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.

In mancanza di questa, le comunicazioni e gli avvisi, ad esempio riguardanti la fissazione della prima udienza di comparizione, ovvero eventuali rinvii d’ufficio, andavano notificati in cancelleria.

Questa disciplina provocava non poche difficoltà per il ricorrente, soprattutto, come spesso accade, in caso di impugnazioni proposte innanzi ad uffici giudiziari molto lontani dal proprio luogo di residenza, con evidente limitazione del diritto di difesa e di grossi disagi nel reperire notizie in merito al procedimento di opposizione. In sostanza, quasi obbligava il ricorrente a munirsi di una difesa tecnica onde assicurarsi la puntuale conoscenza delle fasi del giudizio (con evidente aggravio di spese).

La Corte Costituzionale è stata investita della questione dal Giudice di pace di Milano che ha ravvisato l’illegittimità costituzionale del quarto e del quinto comma dell’art. 22 della Legge n. 689/1981 in relazione agli artt. 3, 24, 113 Cost..

In particolare, veniva evidenziato che l’ordinamento giuridico prevede ormai forme di notificazione più comode e consone al mutato livello tecnologico.

Il richiamo è, in particolare, all’art.149 bis c.p.c., che prevede che, nel caso in cui non sia vietato dalla legge, “la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo” (primo comma), e all’art. 204-bis del Nuovo codice della strada, relativo al ricorso al giudice di pace avverso sanzioni amministrative e pecuniarie comminate per illeciti previsti dal codice della strada, il cui nuovo comma 3 così dispone: “il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all’indirizzo elettronico…“.

A detta della Consulta, il recente sviluppo tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme di comunicazione, insieme all’evoluzione del quadro legislativo, hanno reso irragionevole l’effetto discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che contempla il deposito presso la cancelleria quale unico modo per effettuare notificazioni all’opponente che non abbia dichiarato residenza o eletto domicilio nel comune sede del giudice adito né abbia indicato un suo procuratore.

Pertanto, in seguito alla citata pronuncia, anche nei procedimenti disciplinati dalla Legge 689/81 il ricorrente può chiedere di ricevere le comunicazioni nella forma indicata in ricorso (fax o e-mail).

A tal proposito, si segnala l’utilissimo servizio messo a disposizione dal Ministero della Giustizia relativamente alle procedure innanzi agli Uffici del Giudice di Pace (che trovi qui – non tutti gli Uffici sono ancora informatizzati), attraverso il quale può procedersi alla registrazione della propria opposizione (da inviare comunque entro i termini di legge) e, fornendo il proprio indirizzo di posta elettronica, essere informati di tutti gli eventi riguardanti il procedimento (designazione del giudice, fissazione di udienza, emissione sentenza, ecc.).