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DiRaffaele Boccia

Patente sospesa: niente permesso speciale per motivi di lavoro a chi guida ubriaco o sotto l’effetto di stupefacenti

Con la circolare n.6535 del 22 aprile 2011 il Ministero dell’Interno (dipartimento per gli affari interni e territoriali) ha chiarito entro quali limiti può essere concesso lo speciale permesso di guida di tre ore per motivi di lavoro previsto per chi è stato destinatario di un provvedimento di sospensione della patente.

Oltre che alle condizioni espressamente previste dalla norma (art.218 codice della strada), e cioè l’assenza di incidente in relazione all’infrazione che ha determinato il provvedimento di sospensione della patente e la possibilità di concessione per una sola volta, il permesso in esame verrà legittimamente negato in caso di condotte aventi rilevanza penale.

Più precisamente, il riferimento è al caso di sospensione della patente conseguente a guida sotto l’influenza dell’alcool (art.186 c.d.s.) qualora  sia  stato  accertato Leggi tutto

DiRaffaele Boccia

Come si partecipa ad un’asta immobiliare presso il Tribunale

Aggiudicarsi un immobile ad un’asta immobiliare presso un Tribunale garantisce la massima sicurezza possibile per l’acquisto.
L’immobile perviene all’aggiudicatario completamente purgato da ogni gravame e soprattutto non può riservare al nuovo proprietario alcuna sfavorevole sorpresa, come qualche volta può capitare negli acquisti normali (v. Revocatorie Ordinarie e Fallimentari): il Tribunale garantisce.

La partecipazione alle aste è libera e pubblica.

Il codice di procedura civile, all’art. 579, prevede che “ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto”. Non è prevista la necessità della rappresentanza tecnica. Le offerte, infatti, possono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.

E’ anche possibile che il procuratore legale possa fare offerte per persona da nominare ma, in tal caso, nell’ipotesi di aggiudicazione, sarà indispensabile dichiarare in Cancelleria, nei tre giorni successivi all’aggiudicazione, il nome della persona per la quale è stata effettuata l’offerta. L’aggiudicazione altrimenti diverrà definitiva a nome del procuratore (art. 583 c.p.c.).

L’iter procedurale della vendita forzata inizia con l’ordinanza di vendita emanata dal giudice nella quale viene previsto un termine tra i 90 e i 120 giorni entro il quale possono essere proposte le offerte d’acquisto. Nella stessa ordinanza, vengono stabilite le modalità con le quali deve essere prestata la cauzione e viene fissata, al giorno successivo alla scadenza del termine, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti. Si provvede, normalmente a cura e spese del creditore procedente, a dare idonea pubblicità dell’ordine di vendita sia sui quotidiani di informazione che su appositi siti internet.

La nuova normativa, infatti, ha previsto l’obbligo di pubblicazione dell’avviso di vendita, dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima su appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto. Sarà così consentita una partecipazione più ampia alle aste giudiziarie, tradizionalmente riservate ai soli operatori professionali.

Da tali documenti, è possibile trarre informazioni utili per una partecipazione più oculata alla vendita quali la descrizione del bene, le iscrizioni e trascrizioni che gravano sullo stesso, i dati catastali e le eventuali variazioni, la destinazione d’uso del bene ed i possibili abusi riscontrati, l’eventuale stato occupazionale del bene e il valore dell’immobile con indicazione del criterio di stima usato.

Per partecipare ad una vendita giudiziaria, è indispensabile aver prestato la cauzione che, nella vendita senza incanto, non può essere inferiore al decimo del prezzo proposto dall’offerente stesso, mentre nella vendita con incanto è stabilita dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza di vendita in misura non superiore al decimo del prezzo base d’asta. E’ stato poi abolito dalla nuova normativa l’obbligo di depositare in Cancelleria anche l’ammontare approssimativo delle spese di vendita quali spese e oneri di aggiudicazione, trascrizioni e volture.

Nella vendita senza incanto, l’offerta è depositata in busta chiusa in Cancelleria. Nel caso in cui la vendita è delegata ad un Professionista l’offerta è depositata presso lo studio del Professionista stesso, salvo diversa disposizione contenuta nell’avviso di vendita.

La vendita senza incanto, disciplinata dagli artt. 570 – 575 c.p.c., prevede la presentazione in busta chiusa delle offerte d’acquisto in Cancelleria con l’indicazione del prezzo, del tempo, del modo di pagamento e di ogni elemento utile alla valutazione dell’offerta stessa. Tali buste vengono, poi, aperte nell’udienza fissata per l’esame delle offerte, alla presenza dei vari offerenti. Se l’offerta è superiore al valore dell’immobile aumentato di un quinto, viene considerata senz’altro accolta. Se, invece, è inferiore a tale valore, il giudice non può procedere alla vendita se vi è il dissenso del creditore procedente o se ritiene che vi siano concrete possibilità di miglior vendita col sistema dell’incanto. In caso di più offerte valide, viene indetta una gara tra gli offerenti assumendo come prezzo a base d’asta il valore dell’offerta più alta. Se, invece, la gara non può aver luogo per mancanza di adesioni, il giudice decide se disporre la vendita a favore del maggior offerente oppure ordinare l’incanto.

La vendita con incanto, disciplinata dagli artt. 576 – 590 c.p.c., prevede la realizzazione immediata di una gara fra i diversi offerenti. Il giudice dell’esecuzione stabilisce le modalità con le quali effettuare la vendita, il prezzo base dell’incanto, il giorno e l’ora dell’asta, la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte, l’ammontare della cauzione, le modalità e il termine entro il quale il prezzo deve essere depositato. Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base d’asta o l’offerta precedente nella misura indicata nell’ordinanza di vendita. Ogni offerente non è più tenuto al mantenimento della sua offerta nel momento in cui essa viene superata da un’altra, anche se poi questa viene dichiarata nulla.

Nella vendita con incanto, la cauzione viene restituita integralmente, dopo la chiusura dell’incanto, se l’offerente non diviene aggiudicatario del bene (art. 580 c.p.c.). Nell’ipotesi in cui, però, questi non abbia partecipato affatto all’incanto, né personalmente, né a mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo, la cauzione viene restituita solo nella misura dei nove decimi dell’intero.

Nell’ipotesi di vendita all’incanto, è possibile effettuare ulteriori offerte di acquisto nei 10 giorni successivi all’aggiudicazione. Tali offerte, per essere efficaci, devono però superare di un quinto il prezzo raggiunto nell’incanto. Anche in questo caso, sarà necessario depositare in Cancelleria l’offerta e integrare la cauzione che dovrà essere pari al doppio di quella richiesta per la partecipazione alla prima asta. Verificata la regolarità di queste ulteriori offerte, il giudice indice la gara della quale viene dato pubblico avviso e comunicazione all’aggiudicatario.

La legge 28 dicembre 2005, n. 263 ha riformato l’art. 584 c.p.c. prevedendo espressamente che alla nuova asta possano partecipare, “oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l’aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione”.

Vengono così fugati i dubbi della giurisprudenza tradizionale che, a differenza della dottrina, nel vigore della vecchia normativa, riteneva tale partecipazione limitata ai soli offerenti in aumento e all’aggiudicatario.

In caso di diserzione della gara da parte degli offerenti in aumento, l’aggiudicazione diviene definitiva. Il giudice dell’esecuzione pronuncerà a carico degli offerenti in aumento la perdita integrale della cauzione, salvo ricorra un documentato e giustificato motivo.

A questo punto, l’aggiudicatario dovrà versare il saldo del prezzo, anche tramite contratto di finanziamento, entro il termine e con le modalità fissate nell’ordinanza di vendita. Tale termine non potrà essere superiore a 60 giorni dall’aggiudicazione.

Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione può ancora sospendere la vendita nell’ipotesi in cui ritenga che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello effettivo dell’immobile altrimenti pronunciadecreto di trasferimento all’aggiudicatario del bene espropriato. Tale decreto contiene l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto e costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio (art. 586 c.p.c.).

Se, invece, l’aggiudicatario non provvede ad effettuare il deposito del prezzo nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione dichiarerà la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncerà la perdita della cauzione a titolo di multa e disporrà un nuovo incanto. Se il prezzo ricavato dal nuovo incanto, insieme alla cauzione confiscata, è inferiore rispetto a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto anche al pagamento della differenza.

Nell’ipotesi in cui, invece, l’asta non possa aver luogo per mancanza di offerte (cosiddetta “asta deserta”) e nel caso di inesistenza o di mancato accoglimento delle domande di assegnazione da parte dei creditori, il giudice dell’esecuzione potrà disporre l’amministrazione giudiziaria o un nuovo incanto. In quest’ultimo caso, sarà possibile stabilire modalità di vendita e forme di pubblicità differenti. Dovrà, poi, essere fissato un prezzo base inferiore di un quarto a quello precedente e un nuovo termine, tra i 60 e i 90 giorni, per la presentazione delle offerte d’acquisto. Va ricordato a tal proposito che eventuali comportamenti collusivi miranti proprio a ottenere tale risultato sono puniti a norma degli artt. 353 e 354 del codice penale.

Ultima notazione riguarda la circostanza per cui, per la copertura delle spese connesse alla partecipazione ad un’asta, molti Istituti di Credito hanno concluso convenzioni con i Tribunali, miranti a limitare i costi legati all’erogazione dei servizi finanziari. E’ bene, però, accordarsi con gli Istituti di Credito con un certo anticipo rispetto alla data d’asta in modo da rispettare i tempi tecnici per il versamento del prezzo previsti nell’ordinanza o nell’avviso di vendita. La banca ottenuta la copia della perizia ed effettuate le necessarie valutazioni stabilirà l’ammontare del finanziamento. Nel caso di mancata aggiudicazione, è generalmente prevista una clausola di dissolvenza in base alla quale, in caso di mancata aggiudicazione, viene annullata l’operazione finanziaria.

N.B. Il prezzo da corrispondere sarà sempre aumentato per l’imposta di registro o per l’I.V.A che potrà essere ad aliquota agevolata nel caso di acquisto di una “prima casa”.

Successivamente la Cancelleria provvederà ad emettere il decreto di trasferimento in favore del concorrente che è rimasto aggiudicatario.

Tale decreto, che verrà trascritto in Conservatoria, a cura della Cancelleria, costituirà titolo di proprietà e titolo esecutivo nei confronti di chi occupasse l’immobile. Infine, a cura di parte e a carico dell’esecuzione si provvederà alla materiale cancellazione d’ipoteche, trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli, che, pur se ancora presenti sull’immobile, di fatto non hanno alcuna rilevanza per il nuovo proprietario.

N.B. Qualora sia necessario è possibile condonare tardivamente gli abusi edilizi degli immobili acquistati attraverso il Tribunale, entro 120 gg. dalla registrazione del trasferimento con spesa per imposte di concessione e oblazione a carico dell’aggiudicatario.

DiRaffaele Boccia

Condominio: gravano sul venditore le spese per lavori straordinari deliberati prima del trasferimento

In caso di vendita di un’unità immobiliare sita in edificio condominiale nel quale, antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento, siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione od innovazioni concernenti le parti comuni, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente l’obbligo di sopportare i relativi costi grava, in mancanza di accordo tra le parti, sul venditore, a nulla rilevando che le opere anzidette siano state eseguite, in tutto o in parte, successivamente alla conclusione del contratto di vendita, sicché l’acquirente ha diritto di rivalersi nei confronti del proprio dante causa per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c..

La Suprema Corte precisa che per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.

In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende, non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera delllassemblea.

Ciò si ricava da una pluralità di indici normativi:

dall’art. 1104 cod. civ., dettato in materia di comunione ordinaria tale disposizione – imponendo a ciascun partecipante di contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranzaa – fa discendere, in taluni casi (allorchè la spesa importi innovazioni o sia determinata da esigenze di miglior godimento), l’obbligo di contribuzione da una volontà collegiale;

dall’art. 1121 c.c., comma 2, che consente innovazioni gravose o voluttuarie insuscettibili di utilizzazione separata quando se ne assumano la spesa i condomini che, costituendo maggioranza, hanno voluto o accettato l’innovazione: in tal caso, appunto, dovrà sobbarcarsene la spesa “la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata”, mentre ne sarà esente colui che non ne ha deliberato (e quindi voluto) la realizzazione;

dall’art. 1123 cod. civ., il quale, nel disciplinare la misura del contributo dei condomini, prevede, accanto alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio e per la prestazione dei servizi nell’interesse comune, quelle per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.

Cassazione civile sez. II, 03 dicembre 2010 n. 24654

DiRaffaele Boccia

Niente mantenimento al figlio maggiorenne che abbandona il lavoro

La Cassazione (sez. I  22 Novembre 2010 n. 23590) conferma nuovamente il suo consolidato orientamento (Cass. 2 dicembre 2005 n. 26259; 7 luglio 2004 n. 12477).

Il diritto del coniuge separato di ottenere dall’altro coniuge un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un’adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, senza che assuma rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori le quali, se pur determinano l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno.

Nè assume rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori (come, ad esempio, la negatività dell’andamento dell’attività commerciale dal medesimo espletata).

Restando ferma, ovviamente, l’obbligazione alimentare, fondata su presupposti affatto diversi e azionabile direttamente dal figlio e non dal genitore convivente.

DiRaffaele Boccia

Mediazione: la parte richiedente deve in ogni caso presentarsi

Non si ritiene regolarmente adempiuto l’obbligo di ricorrere alla mediazione laddove, in caso di espresso diniego ovvero mancata adesione nei termini della parte invitata, l’istante rinunci a sua volta a presentarsi e l’organismo di mediazione rilasci una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata: è quanto precisa il Ministero della Giustizia nella circolare che segue.

In sostanza, un organismo di mediazione intendeva inserire nel regolamento una clausola che esonerasse parte istante a presenziare in caso di mancata adesione ovvero assenza della parte invitata: un tale tipo di clausola, spiega il Ministero, è da ritenersi non conforme allo spirito della legge.

Aggiunge la circolare che il possesso dei requisiti per essere mediatore può essere attestato dall’interessato mediante autocertificazione.

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, CIRCOLARE 4 aprile 2011

Regolamento di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti.

Ministero della Giustizia

Dipartimento per gli affari di giustizia

IL DIRETTORE GENERALE DELLA GIUSTIZIA CIVILE

visto l’art. 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28;

visto il decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico 18 ottobre 2010 n. 180, pubblicato sulla G.U. 4 novembre 2010 n. 258, con efficacia dal 5 novembre 2010, con il quale è stato adottato il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28”;

visto l’art.3 del suddetto decreto interministeriale che prevede che il registro degli organismi abilitati a svolgere la mediazione è tenuto presso il Ministero della Giustizia e ne è responsabile il direttore generale della giustizia civile;

visto l’art.5 del medesimo decreto interministeriale, secondo cui il responsabile del registro approva i modelli di domanda di iscrizione e fissa le modalità di svolgimento delle verifiche, con la indicazione degli atti, dei documenti e dei dati di cui la domanda deve essere corredata;

visto l’art.10 del medesimo decreto interministeriale, secondo cui spetta al responsabile del registro, per le finalità di cui ai commi 1 e 2, l’esercizio del potere di controllo, anche mediante l’acquisizione di atti e notizie, che viene esercitato nei modi e tempi stabiliti da circolari o atti amministrativi equipollenti;

adotta la seguente

CIRCOLARE

In sede di concreta attuazione dell’attività di tenuta del registro degli organismi di mediazione, si ritiene necessario dare specifica indicazione su alcuni profili problematici inerenti la corretta applicazione delle previsioni contenute nel d.lgs. 28/2010 nonché nel decreto interministeriale 180/2010.

In materia di regolamento di procedura: la conclusione del procedimento di mediazione

Preme evidenziare che si ritiene non corretto l’inserimento, nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione, di una previsione secondo la quale, ove l’incontro fissato del responsabile dell’organismo non abbia avuto luogo perché la parte invitata non abbia tempestivamente espresso la propria adesione ovvero abbia comunicato espressamente di non volere aderire e l’istante abbia dichiarato di non volere comunque dare corso alla mediazione, la segreteria dell’organismo possa rilasciare, in data successiva a quella inizialmente fissata, una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata.

Una siffatta previsione non può, infatti, essere considerata conforme alla disciplina normativa in esame nei casi di operatività della condizione di procedibilità di cui all’art.5 del d.lgs.28/2010.

L’inserimento di tale previsione nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione non può che essere ritenuta in contrasto con la norma primaria (art.5 del d.lgs 28/2010) che esige che, per determinate materie, deve essere preliminarmente esperito il procedimento di mediazione: il che postula che si compaia effettivamente dinanzi al mediatore designato, il quale solo può constatare la mancata comparizione della parte invitata e redigere il verbale negativo del tentativo di conciliazione.

La mediazione obbligatoria è tale proprio in quanto deve essere esperita anche in caso di mancata adesione della parte invitata e non può, quindi, dirsi correttamente percorsa ove l’istante si sia rivolto ad un organismo di mediazione ed abbia rinunciato, a seguito della ricezione della comunicazione di mancata adesione della parte invitata, alla mediazione.

Ove, invece, si ritenesse legittima tale previsione regolamentare, si produrrebbe l’effetto, non consentito, di un aggiramento della previsione che ha imposto l’operatività della condizione di procedibilità per talune materie.

In realtà, in tale caso, deve ritenersi che il rilascio da parte della segreteria di un organismo della dichiarazione di conclusione del procedimento non può assurgere ad atto valido ed efficace ai fini dell’assolvimento dell’onere di esperire previamente il tentativo di conciliazione; ciò, in quanto la mancata comparizione anche del solo istante, dinanzi al mediatore, impedisce di ritenere correttamente iniziato e proseguito il procedimento di mediazione.

A dare ulteriore conforto a tale impostazione è la circostanza che ai sensi dell’art.11 del d.lgs.28/2010 e dell’art.7 del d.m. 180/2010, il mediatore può formulare la proposta anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione; in ogni caso, è il mediatore che deve verificare se effettivamente la controparte non si presenti, essendo tale comportamento valutabile dal giudice nell’effettivo successivo giudizio, ai sensi dell’art.8, comma quinto, del d.lgs. 28/2010.

E’, inoltre, rilevante considerare che, nel corso del procedimento di mediazione, il mediatore potrebbe ragionare con l’unica parte presente sul ridimensionamento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all’altra parte come proposta dello stesso soggetto in lite e non del mediatore.

In conclusione: la previsione, per talune materie, di una condizione di procedibilità comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperita dinanzi al mediatore, sia pure con le modalità sopra indicate, con la conseguenza che, per ritenersi esperita la condizione di procedibilità, l’unico soggetto legittimato secondo legge a redigere il verbale di esito negativo della mediazione è il mediatore e non la segreteria dell’organismo di mediazione.

Ai fini, quindi, della corretta applicazioni delle previsioni normative di riferimento, questa direzione, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, invita gli organismi di mediazione ad adeguarsi alla presente circolare nei sensi di cui sopra, limitando alla sola fattispecie della mediazione volontaria l’applicazione di una eventuale previsione del regolamento di procedura che abbia contenuto analogo a quello preso in esame.

In materia di requisiti dei mediatori

Ai sensi dell’art.4, comma quinto, del D.M. 180/2010, il possesso dei requisiti di cui ai commi 2 e 3, eccetto che per quello di cui al comma 2, lettera b), può essere attestato dall’interessato mediante autocertificazione.

Sicchè, ai nostri fini, anche i requisiti di qualificazione dei mediatori di cui all’art.4, comma terzo, lett.a),b), c),, del d.m. 180/2010, possono essere attestati mediante autocertificazione.

In questo contesto, preme evidenziare l’esigenza di una piena e chiara consapevolezza del dichiarante circa l’effettivo contenuto di quanto il medesimo autodichiara, tenuto conto delle conseguenze penali che potrebbero prodursi in caso di non corrispondenza al vero di quanto dichiarato.

Per tale ragione, con specifico riferimento a tale profilo, la modulistica predisposta ed approvata da questa direzione generale ha avuto come specifico obiettivo quello di responsabilizzare al massimo chi intende ottenere l’inserimento quale mediatore negli elenchi di un organismo di mediazione.

Si è, a tal proposito, predisposta una appendice terza, in cui il mediatore dovrà indicare, oltre che i propri dati personali, anche la sussistenza dei requisiti idonei per l’inserimento negli elenchi di un organismo di mediazione; si è, in particolare, previsto che sia espressamente indicato il titolo di studi posseduto, ovvero l’ordine od il collegio professionale presso il quale è iscritto; e si è, inoltre, richiesto di specificare di avere frequentato un corso di formazione presso un ente abilitato ai sensi dell’art.18 del d.m. 180/2010, nonché la durata del corso e la valutazione finale.

Inoltre, si sono predisposti gli allegati 1) 2) e 3) nei quali il mediatore assume espressamente la responsabilità penale per le eventuali dichiarazioni non veritiere in materia di sussistenza dei requisiti di onorabilità, possesso dei requisiti di qualificazione e di disponibilità per un numero di organismi non superiore a cinque.

In particolare, con specifico riferimento alla dichiarazione sul possesso dei requisiti, si è chiesto espressamente di indicare: a) il titolo di studi posseduto; b) l’iscrizione ad un ordine o collegio professionale; c) l’esperienza nella materia dei rapporti di consumo; d) la frequentazione di un corso di formazione presso un ente di formazione abilitato a svolgere l’attività di formazione dei mediatori ai sensi dell’art.18 del decreto ministeriale 18 ottobre 2010 n.180, con l’indicazione della durata e della valutazione finale.

Preme, a questo punto, precisare che il possesso del requisito di cui al punto d) potrà essere dichiarato, tenuto conto della normativa prevista dal d.m. 222/2004 nonché dell’innesto normativo di cui al d.m. 180/2010, solo ove il mediatore abbia:

•frequentato e superato con esito positivo un percorso formativo di durata non inferiore a 50 ore tenuto ed attestato dall’ente di formazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi degli artt.18 e 19 del decreto ministeriale 18 ottobre 2010 n.180;

•frequentato e superato con esito positivo: a) un percorso formativo di durata non inferiore a 40 ore tenuto ed attestato dall’ente di formazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art.10, comma quinto, del decreto ministeriale 23 luglio 2004 n.222, nonché del decreto 24 luglio 2006 del direttore generale della Giustizia civile; b) frequentato e superato con esito positivo un percorso formativo di durata non inferiore a 10 ore tenuto ed attestato dall’ente di formazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi degli artt.18 e 19 del decreto ministeriale 18 ottobre 2010 n.180;

•ottenuto l’iscrizione, quale “conciliatore di diritto” ai sensi dell’art.4, comma quarto, lett.a) del decreto ministeriale 222/2004, presso l’organismo di mediazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art.10, comma quinto, del decreto ministeriale 23 luglio 2004 n.222, nonché del decreto 24 luglio 2006 del direttore generale della Giustizia civile; b) frequentato e superato con esito positivo un percorso formativo di durata non inferiore a 10 ore tenuto ed attestato dall’ente di formazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi degli artt.18 e 19 del decreto ministeriale 18 ottobre 2010 n.180;

•ottenuto l’iscrizione, quale “conciliatore di diritto” ai sensi dell’art.4, comma quarto, lett.a) del decreto ministeriale 222/2004, ovvero quale “conciliatore” presso l’organismo di mediazione accreditato presso il Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art.10, comma quinto, del decreto ministeriale 23 luglio 2004 n.222, nonché del decreto 24 luglio 2006 del direttore generale della Giustizia civile; b) fatto riserva, ai sensi dell’art.20, comma secondo, del decreto ministeriale 28/2010, di acquisizione dei requisiti anche formativi previsti dal medesimo decreto ovvero avere attestato l’avvenuto svolgimento di almeno venti procedure di mediazione, conciliazione o negoziazione volontaria e paritetica, in qualsiasi materia, di cui almeno cinque concluse con successo anche parziale, entro il termine di scadenza di sei mesi dall’entrata in vigore del decreto ministeriale.

• Quest’ultimo caso, per completezza, si verifica in applicazione della previsione di cui all’art.20, comma secondo, del d.m. 180/2010, secondo cui i mediatori già iscritti, possono continuare a esercitare l’attività di mediazione fino alla scadenza dei sei mesi sopra indicato, salvo comunicare, a mezzo dell’organismo cui è iscritto, l’avvenuta acquisizione dei requisiti aggiuntivi.

Si invita, pertanto, a dare la massima osservanza alle prescrizioni di cui sopra, costituendo le stesse linee guida cui questa direzione intende seguire al fine del compiuto esercizio della propria attività di vigilanza preventiva e successiva.

Roma, 4 aprile 2011

Il Direttore Generale

Maria Teresa Saragnano