Proponiamo uno stralcio di una interessante sentenza della Cassazione penale (sez.V, n.46385 del 25/11/2015) in merito alla responsabilità penale dell’amministratore condominiale in tema di lesioni conseguenti a caduta di detriti dalla facciata dello stabile conseguenti a omessa manutenzione.
La Suprema Corte ha dato chiare indicazioni sulla condotta da tenere perché l’Amministratore possa andare esente da responsabilità penale.
L’amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40 c.p., comma 2, in virtù del quale ha l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni di pericolo per l’incolumità di terzi (sez. 4, n. 34147 del 12.1.2012, Turchini, rv. 254971 nella specie rappresentata dall’omesso livellamento della pavimentazione dell’edificio condominiale che aveva determinato la caduta di un passante).
La responsabilità penale dell’amministratore di condominio va ricondotta nell’ambito della disposizione (art. 40 c.p., comma 2) per la quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo“.
Per rispondere del mancato impedimento di un evento è necessario, cioè, in forza di tale norma, l’esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata com’e nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l’amministratore, (così Cass. Penale sez. 4, n. 39959 del 23.9.2009, Gilardi, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto configurabile a carico dell’amministratore di condominio di un obbligo di garanzia in relazione alla conservazione delle parti comuni, in una fattispecie di incendio riconducibile ad un difetto di installazione di una canna fumaria di proprietà di un terzo estraneo al condominio che attraversava parti comuni dell’edificio).
L’amministratore di condominio in quanto tale assume, dunque, una posizione di garanzia ope legis che discende dal potere attribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria anche in assenza di deliberazioni della assemblea. Da ciò quindi consegue la responsabilità per omessa rimozione del pericolo cui si espone l’incolumità di pubblica di chiunque acceda in quei luoghi, e per l’eventuale evento dannoso che è derivato causalmente dalla situazione di pericolo proveniente dalla scarsa o dativa manutenzione dell’immobile.
Un condivisibile ed assolutamente maggioritario orientamento della Corte di legittimità afferma esservi una posizione di garanzia dell’amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, a vigilare sulle cose comuni e ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con specifico obbligo di riferirne ai condomini nella prima assemblea ai sensi dell’art. 1135 II comma c.c. (cfr. sez. 1, n. 7764 del 19.6.1996, Vitale, rv. 205533; con. sez. 1, n. 9027 dell’8.1.2003, Argentieri, rv. 223696; sez. 4, n. 13934 del 29.1.2008, Giordano ed altri, rv. 239225).
L’amministratore è stato riconosciuto responsabile in base all’art. 677 c.p., per l’omissione di lavori di manutenzione ordinaria, indispensabili al fine di scongiurare pericoli derivanti dalle parti comuni dell’edificio. La responsabilità dell’amministratore sussiste tuttavia solo per i lavori necessari alla manutenzione ordinaria, mentre per quella straordinaria egli ha il dovere di intervenire solo per le opere urgenti e improrogabili.
Analogamente accade per gli intonaci pericolanti dell’edificio. La norma penale prevede che, anche un soggetto diverso dal proprietario può essere obbligato alla manutenzione o riparazione dell’edificio.
Quindi, in un condominio in cui sia stato qualificato responsabile l’amministratore, grava su costui l’obbligo giuridico di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, cui egli sia tenuto a conservare in buono stato.
In tale evenienza, vi è responsabilità del proprietario di tipo solo sussidiario, quando l’amministratore non possa adempiere ai propri obblighi per cause non riconducibili alla sua volontà.
Obbligo autonomo del proprietario, inoltre, si ravvisa nel momento in cui per fattori imprevedibili l’amministratore non sia in grado di attivarsi per evitare il pericolo di rovina già manifestatosi.
Esauriente appare la spiegazione fornita sul punto in più pronunce dalla Corte di legittimità, la quale ha affermato che l’amministratore di un condominio, il quale agisca per conto dello stesso oppure per conto di un singolo proprietario, è titolare dei poteri relativi alla gestione e conservazione della cosa comune e dei servizi comuni, comprendendosi in tale accezione anche l’obbligo di attivarsi al fine di eliminare situazioni di pericolo che possano comportare una violazione dell’obbligo giuridico del neminem laedere.
L’obbligo di cui all’art. 677 c.p., in caso di mancanza di un amministratore, grava invece sul proprietario (o sui proprietari) dell’edificio condominiale (anche in virtù di quanto dispone l’art. 2053 c.c.) ed è obbligo che è del tutto indipendente dalla causa che ha determinato il pericolo, essendo irrilevante sia l’origine del pericolo che la sua attribuibilità all’obbligato o la sua derivazione da caso fortuito o da forza maggiore (cfr. sez. 1 sent. 9866/96).
Come evidenziato nel richiamato e condivisibile arresto giurisprudenziale costituito dalla sentenza 39959/2009, in applicazione dei principi di diritti enunciati da questa Corte, quali appena ricordati, i giudici del merito, ai fini dell’affermazione di colpevolezza dell’amministratore del condominio in ordine al reato ascrittogli, avrebbero dovuto dunque procedere ad un duplice accertamento: 1) individuare la condotta in concreto esigibile in relazione alla posizione di garanzia dello stesso; 2) accertare se, una volta posta in essere dall’ A. la condotta così individuata, e (secondo la contestazione) colposamente omessa, l’evento non si sarebbe verificato: e ciò al fine di poter giungere, sulla base del compendio probatorio disponibile – ed esclusa altresì l’interferenza di fattori alternativi – alla conclusione che quella la condotta omissiva era stata condizione necessaria dell’evento con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica” (c.d. giudizio controfattuale).
Un principio deve essere senz’altro ribadito: eliminare il pericolo non vuol dire, per forza, far eseguire interventi di manutenzione ma anche semplicemente predisporre le cautele più idonee (es. attraverso la predisposizione di transenne) a delimitare la zona pericolosa per far poi deliberare l’assemblea in merito al da farsi. Oppure, in casi come quello che ci occupa, far rimuovere le mattonelle che rischiavano di cadere.
Si pensi all’amministratore che, consapevole del pericolo derivante dal possibile distacco del cornicione, pur avendo informato l’assemblea, come il più delle volte accade, non abbia nella cassa del condominio i fondi necessari ad ordinare quell’intervento risolutore che tarda a causa dell’inoperatività dell’organo assembleare.
In casi come questi l’amministratore di condominio deve, al fine di andare esente da responsabilità penale, intervenire sugli effetti anzichè sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo – ove ciò sia possibile – l’accesso o il transito nelle zone pericolanti (cfr. la sentenza di questa Corte n. 21401/2009).
In definitiva il rappresentante dei condomini non sarà imputabile laddove, pur di fronte all’immobilismo dell’assemblea, si adoperi per impedire che la parte pericolante dell’edificio possa causare un rischio per l’incolumità delle persone.
Così, nella situazione concreta esaminata dalla Corte, sarebbe stato sufficiente che l’amministratore avesse fatto transennare la zona sottostante la facciata da cui si sono staccate le mattonelle che hanno provocato le lesioni al passante, rimandando all’assemblea la decisione sull’intervento risolutore.
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