Tra i danni conseguenti ad un sinistro stradale, si annovera quello da fermo tecnico.
Si tratta del danno sofferto dal proprietario dell’autovettura danneggiata a causa dell’impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione.
L’orientamento prevalente, registrato sia in sede di legittimità (Cassazione civile sez. III, 27 gennaio 2010 n. 1688) che di merito (Tribunale Bari sez. III, 20 settembre 2010 n. 2842; Tribunale Roma sez. XIII, 03 maggio 2010 n. 9653), è quello secondo cui “è possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato; l’autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetta a un naturale deprezzamento di valore”.
Dunque, non sarebbe necessaria una specifica prova in merito, trattandosi di un danno, come si dice, “in re ipsa“, cioè normalmente conseguenziale ad un certo evento (nel caso specifico, sinistro stradale).
Analogamente, poiché il risarcimento si estende agli oneri accessori e consequenziali, al danneggiato deve essere liquidata l’i.v.a. pagata sulle riparazioni effettuate, o ancora da effettuare, sul veicolo incidentato, salvo che abbia diritto, per l’attività svolta, al rimborso o alla detrazione dell’i.v.a. versata.
Appare doveroso, comunque, segnalare alcune pronunce di segno opposto (ad esempio, alcune della XII sezione del Tribunale di Roma): “Il danno da fermo tecnico non è sussistente “in re ipsa“, quale conseguenza automatica dell’incidente, ma necessita, per converso, di esplicita prova, che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, tanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla mancata sua utilizzazione, ne sia derivato un danno , quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi”.
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