Sto per affrontare la separazione da mia moglie, con cui sono in comunione di beni, ed il punto critico è costituito dal fatto che io, qualche anno prima del matrimonio, ho acquistato un pezzetto di terreno su cui, dopo il matrimonio, con i guadagni miei e suoi, abbiamo costruito la nostra abitazione. Non abbiamo figli, lei ha deciso di andare a vivere altrove e adesso pretende la metà della proprietà della casa. La domanda è: mi spetta riconoscergli questo diritto?
Gentile signore, la questione che mi sottopone è stata oggetto, per il passato, di pronunce anche molto discordanti tra loro.
Premesso che, secondo il codice civile (art.179), lei è senz’altro proprietario esclusivo del terreno, avendolo acquistato prima del matrimonio, va precisato che l’art.177 comma 1, lettera a) del codice civile stabilisce che gli acquisti fatti dai coniugi durante il matrimonio, insieme o separatamente, entrano in comunione legale, con esclusione solo di quelli relativi a beni personali, mentre secondo l’art.934 del c.c. “qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra il suolo appartiene al proprietario di questo, salvo che risulti dal titolo o dalla legge” (cd. accessione).
Come mi ha confermato con la sua seconda mail, dal titolo relativo al fabbricato non risulta che questo sia stato fatto rientrare nella comunione, per cui non resta che verificare se, alla luce delle recenti pronunce della Cassazione, la costruzione dell’immobile sul terreno di sua proprietà e costruito con l’apporto economico anche di sua moglie, che costituisce un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, rientri tra gli acquisti di cui all’art.177, cioè tra quelli che vanno a finire in comunione, o, invece, prevalga la regola dell’art.934, con conseguente sua esclusiva proprietà di terreno e fabbricato.
In altre parole, occorre capire se gli acquisti a cui fa riferimento l’art.177 c.c. siano solo quelli a titolo derivativo (ad es. contratto di compravendita) o ricomprendano anche quelli cd. a titolo originario, qual è l’accessione.
Recentemente la Cassazione, superando precedenti contrastanti opinioni, si è espressa a Sezioni Unite (sentenza n.8662 del 3 aprile 2008) in senso assolutamente a suo favore.
Infatti, la Suprema Corte ha stabilito che “la costruzione realizzata, in costanza di matrimonio, su suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno dei coniugi appartiene solo a costui in virtù delle disposizioni generali sull’accessione, e, quindi, non costituisce oggetto della comunione legale, ai sensi dell’art. 177, comma 1, c.c.”.
Tanto perché il principio generale dell’accessione posto dall’art.934 c.c., che è un modo di acquisto a titolo originario della proprietà senza la necessità di un’apposita manifestazione di volontà, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art.177, comma 1, c.c. sono solo quelli a calettare derivativo (tra le altre, Cass. 4 febbraio 2005 n. 2354).
Dunque, la costruzione è senz’altro di sua esclusiva proprietà e non ricade nella comunione legale.
Detto questo, per completezza, le evidenzio che sua moglie in ogni caso vanta nei suoi confronti il diritto di richiederle la metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella realizzazione del manufatto (Cass. Sezioni Unite, 27 gennaio 1996 n.651, confermata da Cass. 4076/98, 8585/1999 e successive pronunce).
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